Sulle vie del ferro e della grande storia



Tappa 1 – 

Dongo Piazza Paracchini e palazzo Manzi

Palazzo Manzi

Informazioni
Collocazione: Palazzo Manzi si affaccia su Piazza Paracchini, con ingresso al numero civico 6.
Pavimentazione: Piazza Paracchini è pavimentata con cubetti di porfido; il marciapiede che precede la facciata è pure in cubetti di porfido, mentre l’androne del palazzo è lastricato in pietra.
Barriere architettoniche: per accedere a Palazzo Manzi dal largo marciapiede che borda il lato nord-orientale della piazza occorre superare una piccola soglia in pietra; quindi si entra in un androne lungo circa 4 metri, chiuso verso l’interno da una seconda porta. Oltre questa seconda porta, dopo circa 2 metri, salendo 7 gradini (c’è la possibilità di usare un montascale) si arriva al cortile interno.
Accesso: si accede a Palazzo Manzi dall’ampio portone monumentale in Piazza Paracchini.
Servizi: parcheggi disponibili in piazza e nelle zone adiacenti; sportello bancomat e Farmacia in Piazza Paracchini; Ufficio Turistico e Biblioteca all’interno di Palazzo Manzi.
Svago e Ristorazione: bar-ristoranti in zona.

Descrizione
(Silvia Fasana)

Palazzo Manzi è un sobrio edificio neoclassico a quattro piani che prospetta su Piazza Paracchini. La facciata è scandita da lesene centrali; dal piano nobile sporgono una grande balconata centrale e due balconi laterali. Al centro del piano terra si apre l’imponente portale in pietra con arco a tutto sesto, sormontato dallo stemma comunale; i battenti in bronzo del portone ligneo originale portano il cognome della famiglia Polti Petazzi, che lo fece edificare nei primi decenni dell’800 probabilmente su progetto di Carlo Polti (collaboratore di Simone Cantoni), ma attribuito tradizionalmente all’architetto Pietro Gilardoni. Oltre il portone, nel piccolo androne, sono visibili tre lapidi. La prima, posta sulla parete destra nel giugno 1985 «a monito di chi ancora aspirasse a ridurre in schiavitù il popolo italiano», fa memoria della cattura e della fucilazione dei gerarchi fascisti nell’aprile 1945 come omaggio ai caduti dell’antifascismo e della Resistenza. La seconda lapide, collocata sulla parete sinistra, ricorda la donazione nel 1937 del Palazzo al Comune di Dongo, da parte di Donna Giuseppina Manzi, l’ultima discendente dei Polti Petazzi. Sempre sulla parete sinistra, la terza lapide murata in basso vicino al pavimento mostra il livello raggiunto dal lago durante la piena del 29 maggio 1810. Dall’androne si sale, attraverso sette gradini, all’elegante cortiletto interno, introdotto da quattro colonne in pietra di stile tuscanico. Al piano terra trovano posto sulla sinistra alcuni uffici del Comune di Dongo, l’Ufficio Turistico (sede della Cooperativa Turistica Imago) con accesso dal cortile e, sulla destra, il Museo della Fine della Guerra, inaugurato nell’aprile 2014 dopo un radicale rinnovamento, che espone materiali fotografici e documentari su questa pagina della storia italiana scritta proprio sul lago di Como.
Al piano superiore, cui si accede da un ampio scalone a due rampe con corrimano in legno, sulla destra si apre la splendida Sala d’Oro, così chiamata per le dorature profuse sugli arredi e sui decori. La sala, un tempo salone d’onore, affacciata sul grande balcone centrale, è un raro esempio altolariano di stile neoclassico. La volta (con Il Parnaso attribuito a Giuseppe Lavelli) e le pareti sono decorate da affreschi di soggetto allegorico, per lo più ispirati al tema, tipicamente illuminista, dell’azione civilizzatrice della ragione e delle arti, in particolare della musica. Sul lato più corto della sala, a destra di chi entra, troneggia un grande camino in marmo decorato da telamoni scolpiti e sormontato da una specchiera racchiusa in una sfarzosa cornice in legno dorato; sulla parete opposta una sontuosa consolle in marmo e legno dorato è sormontata da una specchiera simile all’altra.
Nella stanza attigua è custodita la biblioteca di famiglia, che conserva circa quattromila volumi di storia, letteratura, scienze naturali, dal Cinquecento all’Ottocento.
Sempre al primo piano, sulla sinistra dello scalone, è situata la splendida cappella del Palazzo, dedicata all’Immacolata Concezione, piccolo gioiello di arte sacra. Sull’altare, impreziosito da marmi e dorature, opera dello scultore Carlo Vitali di Varenna, in una nicchia è custodita una bella immagine lignea della Madonna. Interessanti gli affreschi che decorano la cappella: al centro La visione apocalittica di San Giovanni con il trionfo di Maria sul drago a sette teste; agli angoli, quattro medaglioni con i ritratti di illustri fautori del dogma dell’Immacolata (da destra il teologo francescano Giovanni Duns Scoto, il cardinale spagnolo Francesco Ximenes de Cisneros e il francescano Papa Sisto IV; il quarto tondo recava l’immagine, ora scomparsa, del gesuita spagnolo Diego Lainez).

(Tratto da Cooperativa Turistica Imago, La chiesa di S. Maria in Martinico e Palazzo Manzi a Dongo, Associazione Iubilantes, Como 2009)

Contatti
Comune di Dongo Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.81150; info@comune.dongo.co.it
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più su Palazzo Manzi:
Wikipedia – Palazzo Manzi
Sito di Lombardia Beni Culturali – Palazzo Manzi
Sito ufficiale del Turismo delle Valli del Lario e del Ceresio – Palazzo Manzi

Clicca qui per vedere su YouTube il video di Davide Van De Sfroos realizzato nell’ambito del progetto Terra & Acqua per raccontare il territorio: Dongo la sala d’Oro

Ingresso Palazzo Manzi e Museo

Museo della Fine della Guerra

Informazioni
Collocazione: Il “Museo della Fine della Guerra – Dongo Aprile 1945” è situato al piano terra di Palazzo Manzi, in Piazza Paracchini 6.
Pavimentazione: l’androne del Palazzo è lastricato in pietra; lo spazio espositivo è pavimentato con un parquet di legno.
Barriere architettoniche: per accedere ai locali dell’esposizione museale dal piano del cortile c’è uno scivolo, dopo il quale si deve oltrepassare un cancello in ferro battuto. Il museo ha caratteristiche di accessibilità.
Accesso: al Museo si accede dal piano terra di Palazzo Manzi.
Servizi: parcheggi disponibili in zona; sportello bancomat e Farmacia in Piazza Paracchini; Ufficio Turistico e Biblioteca all’interno di Palazzo Manzi.
Svago e Ristorazione: bar-ristoranti in zona.
Altre informazioni: per orari e tariffe, vedi il sito del Museo
I video del museo sono in quattro lingue (italiano, inglese, tedesco e francese).

Descrizione
(a cura di Alessandra Mutti per Cooperativa Turistica Imago)

Dongo è il luogo della cattura di Benito Mussolini e dei gerarchi della Repubblica Sociale Italiana, che vennero portati nella sede comunale, Palazzo Manzi, per ufficializzare l’arresto. Solo pochi giorni prima, la Sala d’Oro, il salone d’onore del Palazzo, era stata usata come camera ardente dei caduti partigiani.
Il Palazzo fu quindi teatro di memorabili fatti storici e diventa oggi lo scenario ideale per la loro rievocazione museale. Nasce così a Dongo l’innovativo Museo della Fine della Guerra, inaugurato nell’aprile 2014: un viaggio virtuale e interattivo nei meandri di una della pagine più controverse della storia italiana.
Le moderne tecnologie multimediali catapultano lo spettatore dentro la tragica lotta di italiani contro italiani, che caratterizzò la guerra di Resistenza sul Lago di Como come in tutta Italia. Il visitatore può così rivivere in prima persona la cattura e la fucilazione di Mussolini e dei suoi gerarchi, drammatico epilogo del Ventennio fascista.
L’allestimento si snoda lungo le sale al pian terreno dello storico Palazzo Manzi: un racconto multimediale che coinvolge in un intreccio di memorie e narrazioni. Proiezioni video e paesaggi sonori ridanno vita agli eroi della Resistenza e ai vinti della Guerra, in un percorso immersivo per conoscere e appassionare a ogni età.
Le sette sale sono così allestite:
SALA 1 – I giorni della Liberazione
La sala 1 è una introduzione al Museo: presenta la situazione in Italia nell’aprile del 1945 e sul muro una stampa a grandezza naturale raffigura Palazzo Manzi in quei giorni. I giornali appesi al soffitto sono consultabili: una “pioggia di notizie”. L’audio riporta i comunicati radiofonici di Radio Londra (notizie e messaggi in codice), in cui si riconoscono le voci di Sandro Pertini e del colonnello Stevens.
SALA 2 – I fatti di Dongo
Nella sala, completamente buia, si può vedere un “filmato” particolare: sulla parete a specchio vengono illuminati degli oggetti, che raccontano l’episodio della cattura dei gerarchi e del Duce. In seguito un filmato d’epoca racconta le loro esecuzioni con immagini inedite e originali.
SALA 3 – Gli anni della Resistenza
La sala 3 è dedicata al ricordo dei partigiani. Sulle pareti si vedono le fotografie dei protagonisti della Resistenza, mentre una voce recita vari spezzoni di testi e lettere dei partigiani.
SALA 4 – Il Rosso e il Nero
Divisa in due da una tenda tricolore, la sala 4 è composta da immagini e parole scritte sui pannelli che affrontano i due temi contrapposti della fabbrica resistente (la Falck) e del presidio fascista delle Brigate Nere.
SALA 5 – Memorie della Resistenza: i racconti del focolare
Forse la sala più suggestiva: le sedie intorno al camino ricordano quando i nonni, la sera, raccontavano ai nipoti le loro storie. Le storie qui sono i ricordi dei partigiani, dei combattenti e di chi ha vissuto un’esperienza di guerra o Resistenza.
SALA 6 – La guerra oltre Dongo
La sala è un approfondimento di diverse tematiche, estese ad un territorio più ampio, comasco ma anche europeo. Infatti una parete coperta da pannelli narra le vicende partigiane e fasciste nell’area comasca e il fenomeno del contrabbando. Sulla parete opposta, lo scenario si amplia all’Europa, e si raccontano gli eventi bellici tra il ’43 e il ’45. In particolare viene dato risalto ai fatti di Arromanches-les-Bains, cittadina gemellata con Dongo: proprio Arromanches, infatti, è una delle località della Normandia dove avvenne lo sbarco degli Alleati il 6 giugno del ’44. In risalto anche l’episodio della liberazione della città di Como da parte dei partigiani e il successivo arrivo degli Alleati sulle sponde lariane.
SALA 7 – Frammenti della Liberazione
La sala è un ambiente immersivo: il filmato viene proiettato dagli specchi sulle pareti bianche. Le immagini sono riflesse in modo irregolare per trasmettere il disorientamento emotivo. Vengono narrati i giorni precedenti all’arresto di Mussolini, quando sui monti sopra Dongo, i militi fascisti uccisero dei partigiani (tra cui Giulio Paracchini, a cui è intitolata oggi la piazza in cui si trova il Museo) e crearono un clima di rancore in paese, proprio tre giorni prima della cattura del Duce.

Contatti
Museo della Fine della Guerra – Dongo Aprile 1945. La Resistenza sul lago di Como e la cattura di Mussolini Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.81333; info@museofineguerradongo.it; www.museofineguerradongo.it
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più sul “Museo della Fine della Guerra – Dongo Aprile 1945”:
Sito del “Museo della Fine della Guerra”

Ringhiera della fucilazione
La fucilazione dei gerarchi della RSI

Descrizione

«A Dongo nel primo pomeriggio del 28 aprile 1945 giungono da Milano Walter Audisio “Colonello Valerio” e Aldo Lampredi “Guido”, ufficiale del CVL (Corpo Volontari della Libertà) alla testa di un gruppo di partigiani dell’Oltrepò pavese. L’armamento e la divisa nuova insospettiscono i partigiani dell’Alto Lago che temono un colpo di mano fascista e solo dopo la verifica delle credenziali cedono il comando e i prigionieri.
“Valerio” comunica l’ordine ricevuto dal CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) che prevede la condanna a morte dei principali responsabili della Repubblica Sociale Italiana e predispone l’elenco dei condannati. Il sindaco Rubini, contrario all’esecuzione degli arrestati, si dimette per protesta. I prigionieri sono radunati nella “Sala d’Oro” di Palazzo Manzi e poi condotti attraverso la piazza gremita di gente.
Quindici tra ministri e gerarchi fascisti vengono fucilati il 28 aprile dopo le 17 da un plotone comandato da Alfredo Mardini “Riccardo” davanti alla ringhiera sul lago, che conserva ancora oggi i segni dei colpi.
Marcello Petacci, fratello di Claretta, al momento della fucilazione fugge tra le vie del paese e si getta nel lago, dove viene colpito mortalmente.
I corpi dei condannati sono immediatamente trasferiti a Milano con un camion che, lungo il tragitto, raccoglie a Giulino di Mezzegra le spoglie di Benito Mussolini e di Claretta Petacci.
Verranno portati tutti in Piazzale Loreto, luogo simbolico dove il 10 agosto 1944, quindici partigiani e antifascisti prelevati dal carcere di S. Vittore, erano stati fucilati dai militi della Legione “Muti” e abbandonati sul selciato a monito dei milanesi».

(Testo tratto dal pannello esplicativo in loco)

I giustiziati furono:

Alessandro Pavolini, Ministro segretario del PFR
Francesco Maria Barracu, colonnello, sottosegretario alla presidenza del Consiglio
Ferdinando Mezzasoma, Ministro della Cultura Popolare
Augusto Liverani, Ministro delle Comunicazioni
Ruggero Romano, Ministro dei Lavori Pubblici
Paolo Zerbino, Ministro dell’Interno
Luigi Gatti, ex prefetto di Milano, segretario di Mussolini
Paolo Porta, federale di Como
Idreno Utimpergher, comandante della Brigata nera di Empoli
Nicola Bombacci, uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia (1921), poi aderente al Fascismo
Pietro Calistri, capitano pilota dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana
Goffredo Coppola, rettore dell’Università di Bologna
Ernesto Daquanno, giornalista, direttore dell’Agenzia Stefani
Mario Nudi, impiegato della Confederazione fascista dell’Agricoltura
Vito Casalinuovo, colonnello della GNR, ufficiale d’ordinanza di Mussolini.

Contatti
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più sul progetto “La fine della Guerra”:
Sito del Turismo della Provincia di Como

S. Maria Martinico interno

Chiesa di S. Maria in Martìnico

Informazioni
Collocazione: la chiesa di S. Maria sorge, in posizione lievemente rialzata, in fregio all’antico asse viario che attraversa il borgo di Martìnico.
Pavimentazione: via Lamberzoni è asfaltata; il sagrato è acciottolato; l’interno della chiesa è pavimentato con lastre di pietra.
Barriere architettoniche: il sagrato è sopraelevato rispetto a via Lamberzoni; il percorso proposto suggerisce di accedervi salendo 7 + 3 gradini in pietra, separati da un piccolo pianerottolo. Al termine della visita, dopo aver ammirato la facciata, per uscire dall’area del sagrato occorre fare attenzione alle tre fioriere in cemento poste trasversalmente.
Per accedere all’interno della chiesa dall’ingresso laterale, occorre superare una bassa ma larga soglia in pietra che immette in un piccolo vestibolo da cui, attraverso una seconda porta di legno, si accede alla chiesa.
Accesso: si accede dall’ingresso laterale più vicino alla facciata, normalmente aperto.
Servizi: –
Svago e Ristorazione: –
Altre informazioni: la chiesa è generalmente aperta e visitabile. Per gli orari delle S. Messe clicca qui

Descrizione
(Silvia Fasana)

«Il documento più antico che ricorda la chiesa di S. Maria in Martìnico, custodito nell’Archivio di Stato di Milano, risale al 1299, ma la facciata semplice e la presenza di alcuni elementi architettonici simili a quelli della chiesa di S. Nicolò a Piona la fanno supporre coeva alla stessa, retrodatandola quindi almeno agli inizi del secolo XII.
Nel corso del tempo l’edificio subì diversi mutamenti, il più evidente dei quali risale al secolo XVII, quando nuove forme barocche alterarono profondamente le linee originali romaniche. Fra il 1903 e il 1912 un intervento di restauro, curato dall’arch. Federico Frigerio di Como, ripristinò le antiche forme romaniche ricostruendo abside e campanile ed eliminando le aggiunte barocche; direttore dei lavori fu il geometra Aldo Rumi, che progettò tra l’altro anche le scuole di Dongo». Altri lavori si susseguirono negli anni Cinquanta e Settanta dello scorso secolo.
«Il fianco laterale sinistro della chiesa, con bella muratura in pietre locali, è il più in evidenza e colpisce subito il visitatore. Vi si aprono un oculo, tre belle monofore e due ingressi; quello monumentale verso l’abside è caratterizzano un arco a tutto sesto, con cordonatura cilindrica sostenuta da colonnine con basi e capitelli scolpiti, ed è arricchito da interessanti mascheroni antropomorfi alle mensole dell’architrave. Una figura leonina, sporgente dall’angolo che chiude il fianco sinistro verso l’abside, sembra far da custode all’antico portale. Gli archi delle monofore e del portale presentano il tipico alternarsi di pietre bianche e nere; la parete culmina con un fregio di archetti pensili, anch’essi bicromi, a tutto sesto, con peducci molti dei quali scolpiti a figure antropomorfe e zoomorfe. Alcune decorazioni scultoree si trovano anche nei sottarchi pensili. Sopra il fregio corre una decorazione a risega, sovrastata da una cornice modanata.
La facciata della chiesa è semplicissima, a capanna, interrotta soltanto da due feritoie e, alla sommità, da una finestra a croce; in basso si apre il semplice portale, con architrave decorata da una croce scolpita».
L’interno, ad unica navata conserva solo alcune tracce «dell’antica pregevole decorazione ad affresco, visibili soprattutto sulla parete destra. Della fase decorativa più antica, risalente al secondo decennio del sec. XIV, restano pochi lacerti, fra cui una frammentaria Madonna della Misericordia, forse una delle prime in Lombardia, della quale si leggono ancora alcune raffinate immagini di angeli reggenti, pare, il manto della Vergine. Alcuni studiosi hanno avvicinato l’affresco all’opera dell’anonimo “Maestro di S. Abbondio”, indiscusso protagonista della pittura comasca del primo Trecento. Ad una fase tardo-trecentesca possono invece essere attribuiti i lacerti di affreschi più grandi, ancora leggibili nella parte più alta della parete destra e della controfacciata, pesantemente danneggiati dalle volte eliminate poi dal restauro novecentesco. Di questo ciclo, restano dei Santi, fra cui San Pietro in trono e, molto più frammentario, un Sant’Antonio abate. Di buona qualità e di gusto tardogotico, sono certamente dovuti a raffinati committenti locali e a un pittore vicino, almeno per gusto, all’ambiente cortigiano visconteo. Di fattura quattrocentesca sembrano essere i pochi affreschi superstiti (Santi? Profeti?) ancora leggibili sull’arcone del presbiterio, soprattutto a destra. Del ciclo pittorico eseguito dal Fiamminghino probabilmente intorno al 1623, restano invece, sulla parete destra, tre dei quindici Misteri del Rosario (Natività, Presentazione di Gesù al Tempio, Disputa con i Dottori) e due grandi figure, forse di Profeti, caratterizzati da ariosità nei panneggi e gradevoli effetti cromatici. Sul lato sinistro sono collocate, sempre appartenenti al ciclo del Fiamminghino, figure di angioletti, forse frammenti di un fregio di altare». La monofora centrale dell’abside conserva una pregevole vetratina cinquecentesca raffigurante l’Immacolata.
Dal lato destro della chiesa si accede al barocco Oratorio della Confraternita. Sopra l’altare, entro una monumentale cornice in marmo, è collocata una statua della Vergine. L’altare, chiuso da una bella balaustra a intarsi marmorei datata 1687, è impreziosito da un paliotto in scagliola recante al centro la Madonna del Rosario.

(Tratto da Cooperativa Turistica Imago, La chiesa di S. Maria in Martinico e Palazzo Manzi a Dongo, Associazione Iubilantes, Como 2009)

Contatti
Parrocchia di Dongo via Don Giovanni Manzi 40, Dongo; Tel. 0344.81.233; info@parrocchiadongo.it; www.parrocchiadongo.it
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più sulla chiesa di S. Maria in Martìnico:
Sito della Parrocchia di Dongo – Chiesa di S. Maria in Martìnico
Sito di Lombardia Beni Culturali – Chiesa di S. Maria in Martìnico
Sito ufficiale del Turismo delle Valli del Lario e del Ceresio – Chiesa di S. Maria in Martìnico

Clicca qui per vedere su YouTube il video di Davide Van De Sfroos realizzato nell’ambito del progetto Terra & Acqua per raccontare il territorio: Dongo S. Maria in Martinico

La Valle e il torrente Albano

Valle Albano

Descrizione
(Silvia Fasana)

La Valle Albano confina a nord con le Valli del Liro e di San Jorio, mentre a sud con la Val Sanagra e con la Val Cavargna. Presenta un decorso longitudinale da ovest verso est ed è solcata al centro dal torrente Albano, dal quale prende il nome; è conosciuta anche come Val Dongana, dal legame con l’abitato di Dongo, sua “anticamera” geografica. Il Passo San Jorio (2015 m circa) ha costituito nel corso dei secoli un importante ponte di collegamento tra l’Italia e la Confederazione elvetica per gli scambi culturali e commerciali tra i territori.
Il torrente Albano nasce dalla conca di Sommafiume a 1750 metri e, come tutti i corsi d’acqua della zona, è caratterizzato da rapide ed imponenti escursioni di portata, i cui valori medi sono molto variabili.
Le peculiarità della valle sono legate a molteplici aspetti: naturalistici, storici ed etnografici. Dal punto di vista naturalistico nel torrente Albano è ancora presente la trota fario, ormai piuttosto rara per l’inquinamento genetico e ambientale; da segnalare anche numerose specie di anfibi e invertebrati acquatici quali efemerotteri e tricotteri, che svolgono il ruolo di indicatori ecologici del buono stato di salute delle acque. I versanti della valle sono occupati nella porzione inferiore dal faggio, dall’acero di monte, dal pioppo tremolo e dal maggiociondolo alpino, mentre alle quote superiori si trovano i boschi di conifere, tra cui domina l’abete rosso. Le formazioni vegetazionali più diffuse sono tuttavia le praterie che ospitano cervi, camosci e cinghiali, mentre gli arbusteti sono colonizzati da lepre bianca, quercino, gallo forcello e numerosi silvidi.
Dal punto di vista etnografico, molto interessanti sono le tipiche costruzioni dette masoni, ad uso agricolo-pastorale.
Per tutelare questo territorio nel 2005 è stato istituito il Parco Locale di interesse sovracomunale della Valle Albano, con Delibera di Giunta Provinciale n. 365/53042 del 17/11/2005. L’area protetta, che si sviluppa alla testata della valle, ha una superficie di circa 650 ettari, ora interamente compresi nel comune di Gravedona ed Uniti, ospita numerose specie tipiche dell’ambiente alpino e rappresenta un’area di primaria importanza per la tutela della biodiversità e del territorio montano.

Contatti
Comune di Gravedona ed Uniti Piazza San Rocco 1 Gravedona ed Uniti; Tel. 0344.85291; info@comune.gravedonaeduniti.co.it; info@vallealbano.it
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più Parco locale di interesse sovracomunale della Valle Albano:
Sito ufficiale del Turismo delle Valli del Lario e del Ceresio

Scarica il numero 4-2006 della rivista Natura e Civiltà del Gruppo Naturalistico della Brianza che ha pubblicato un’ampia sintesi della tesi di Silvia Confalonieri, laureatasi in Scienze Ambientali presso l’Università dell’Insubria di Como (relatore prof. Ezio Vaccari, correlatori dott. Adriano Martinoli e Silvia Metzelin):
Sito del Gruppo Naturalistico della Brianza

Clicca qui per vedere su YouTube il video di Davide Van De Sfroos realizzato nell’ambito del progetto Terra & Acqua per raccontare il territorio: Germasino i mason

cartina della Via del Ferro

Via del Ferro

Descrizione
(Comunità Montana Valli del Lario e del Ceresio)

Le valli Albano e Cavargna (Lombardia) e Morobbia (Ticino) sono caratterizzate da antiche zone di estrazione del ferro e conservano importanti ed antiche vestigia di tutte le attività ad essa collegate: insediamenti, carbonaie, stazioni di posta, nonché vie di collegamento tra zone di estrazione (cave, miniere), di lavorazione (altiforni, fucine, magli ad acqua) e di smercio dei prodotti.
La “Via del Ferro” è appunto un itinerario tematico che ripercorre i tracciati storici che collegavano queste valli attraverso il Motto della Tappa o Cima Verta (2078 m. s.m.) e i loro siti minerari e siderurgici. L’attività siderurgica in queste valli è attestata a partire dall’VIII secolo ma inizia ad avere un certo rilievo economico nella seconda metà del sec. XV, grazie ai Muggiasca, facoltosa famiglia di mercanti di Como insediata a Bellinzona. Nell’ultimo ventennio del ‘700 la siderurgia acquista un
carattere più industriale: ai Forni Vecchi di San Nazzaro vengono costruiti i primi altoforni di tipo bergamasco e norvegiano, mentre in Val Morobbia il medico bellinzonese Giovanni Bruni fa edificare il complesso siderurgico di Carena. Più longeva l’attività in Valle Albano e a Dongo che diventa  punto di scalo e centro di lavorazione: nel 1801 viene costituita la prima società che, tra il 1842 e il 1845, divenuta Rubini, Falck, Scalini&C., realizza il primo laminatoio italiano del ferro. Al 1906 risale invece la nuova Società Anonima Acciaierie e Ferriere Lombarde, che rimane di proprietà del gruppo Falck fino agli anni ‘80 del secolo scorso ( vedi punto di interesse  FERRIERE  DI DONGO).
La lunghezza complessiva del percorso da Carena a S. Pietro Sovera (Valle Morobbia – Val Cavargna), è di circa 28 km di sentieri caratterizzati da forti dislivelli soprattutto nella parte centrale e più montana del percorso (es. Carena-Sommafiume 1200 m), mentre l’itinerario che parte da Dongo/ Garzeno e risale la Valle Albano fino alla Bocchetta di Sommafiume (punto d’incontro delle tre Valli) è lungo ca. 16 km e supera un dislivello di quasi 1300 m. Data la lunghezza del percorso, i forti dislivelli e il tempo necessario per le visite proposte , è un itinerario per escursionisti esperti adeguatamente equipaggiati per alta montagna.  In Dongo la “Via  del Ferro”  si innesta  a monte del complesso Falck,  a brevissima distanza dal ponte dell’antica Via Regina sul torrente Albano.

Contatti

Sistema museale territoriale alpi lepontine: (+39) 0344/85218 (int. 2);
ambiente@cmvallilarioceresio.it; www.lagodicomoelugano.com
Gruppo per la Valle Morobbia: info@gpvm.ch; www.gpvm.ch; fondazione valle morobbia, cP 13 – 6582 Pianezzo;
Ufficio Turistico Bellinzona: (+41) 091 8252131; bellinzona@bellinzonese-altoticino.ch; www.bellinzonese-altoticino.ch

Le Ferriere di Dongo

Ferriere di Dongo

Descrizione
(Silvia Fasana)

La prima segnalazione della presenza nella zona di Dongo di miniere di ferro è contenuta in documento del 1412. Nel 1792 Pietro Rubini, già procuratore del conte Cesare Giulini, acquistò le miniere, il forno e le fucine che il nobile aveva a Dongo e che davano lavoro a quasi 90 persone.
Nel 1833, Georges Henri Falck, un ingegnere alsaziano esperto di siderurgia, fu chiamato dai Rubini come consulente; nel 1839 venne costituta la nuova società “Rubini, Falck, Scalini e Comp.”. Fu merito della competenza di Falck se a Dongo vennero introdotte importanti innovazioni tecniche nei metodi di lavorazione del ferro, come l’utilizzo di laminatoi in sostituzione dei magli per la battitura, di macchine soffianti a stantuffo, ma soprattutto dell’altoforno all’inglese che fino ad allora non era mai stato utilizzato in Lombardia. I pubblici riconoscimenti non mancarono e nel 1841 la ditta fu insignita della Medaglia d’oro. Le vicende politiche del 1848-1849 segnarono un cambiamento delle politiche aziendali, che si orientarono non più sulla ricerca di innovazioni tecnologiche, ma su scelte di immediata remunerazione. Il concorso di Giorgio Enrico Falck non si rese più necessario e nel 1850 fu costituita la nuova Società “Rubini e Scalini” che basava la propria attività principalmente sulla fusione della ghisa e sulla lavorazione e commercio del ferro. Nel 1863 la direzione tecnica delle Ferriere di Dongo fu assunta dall’ingegnere Enrico Falck, figlio di Giorgio Enrico, che in quell’anno aveva sposato Irene, figlia di Giuseppe Rubini. Nel 1880, alla morte di Giuseppe Rubini, la guida della Società fu assunta dal figlio Giulio, che abbandonò definitivamente l’estrazione di ferro dalle miniere locali e chiuse l’altoforno, inaugurando una nuova fase industriale essenzialmente produttiva e commerciale. Sciolse la precedente società e fondò la “Ditta Rubini e C.”.
Scrive Rita Pellegrini nel suo libro Dongo. Oltre il conosciuto. Mille anni di storia: «Le Ferriere di Dongo però sarebbero entrate, grazie all’acume e allo spirito d’intraprendenza di Giorgio Enrico Falck [jr., figlio di Enrico Falck e Irene Rubini], in un progetto ben più ambizioso, che si concretizzò il 26 gennaio 1906 con la fondazione a Milano della “Società Anonima Acciaierie e Ferriere Lombarde”», che comprendeva anche gli stabilimenti di Vobarno e il terreno a Sesto San Giovanni, su cui sorgerà quell’imponente complesso di stabilimenti che determinerà, tra l’altro, il rafforzamento della produzione a Dongo, passando da 400 a 1800 operai.
Scrive Giancarlo Della Fonte in Dongo 1892-2003: «È qui, nella Ferriera, che la quasi totalità dei donghesi suderà la quotidiana fatica ed è qui che un paese, consapevolmente, legherà il proprio destino al lavoro di quelle persone».
Lo stabilimento di Dongo è stato ceduto il 26 febbraio 1990 dalle “Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck” al Gruppo Cagiva. Vari tentativi di rilancio però non hanno avuto il successo sperato e alla data attuale (2014) pare che questa attività, che così tanto ha caratterizzato il territorio, sia purtroppo destinata al tramonto.

Contatti
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più sulle Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck e sulla famiglia Falck:
Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck su Wikipedia

Clicca qui per vedere su YouTube il video di Davide Van De Sfroos realizzato nell’ambito del progetto Terra & Acqua per raccontare il territorio: Dongo la Falck

Per saperne di più consulta anche:
G. Della Fonte, Dongo 1892-2003, Libreria “L’Agorà”, Dongo 2004.
R. Pellegrini, Dongo. Oltre il conosciuto. Mille anni di storia, Edizioni Nuovaera, 2012.

Madonna delle Lacrime

Santuario e Convento della Madonna delle Lacrime

Informazioni
Collocazione: il Santuario sorge in fregio al Viale della Rimembranza; il convento è attiguo alla chiesa, sulla destra per chi lo guarda di fronte.
Pavimentazione: il portico ha una pavimentazione in lastre di pietra; l’interno della chiesa è pavimentato con piastrelle.
Barriere architettoniche: il nostro itinerario consiglia di accedere al portico settecentesco che precede il Santuario dal fornice sul lato destro; è opportuno tenersi al centro, dove il basamento su cui sorgono le colonne che reggono il portico ha una interruzione. Il pavimento del portico è a un livello leggermente più basso, quindi occorre superare il dislivello scendendo un gradino. Sul lato frontale del portico, quello in fregio al Viale della Rimembranza, il basamento su cui sorgono le colonne presenta tre interruzioni, in corrispondenza dei tre fornici; anche da qui occorre scendere un gradino per raggiungere il pavimento del portico. Per accedere alla chiesa occorre superare una soglia in pietra.
Accesso: si entra dal portone centrale in bronzo con bassorilievi di fra Guglielmo Schiavina, realizzato in occasione del Giubileo del 2000. Il portone, normalmente aperto, immette in una profonda bussola con due aperture laterali, che consentono l’ingresso all’interno della chiesa.
Servizi: parcheggi disponibili in zona; sportello bancomat in Piazza Virgilio Matteri.
Svago e Ristorazione: bar e trattoria in zona.
Altre informazioni: la chiesa è solitamente aperta e visitabile. Per gli orari delle S. Messe clicca qui

Descrizione
(Silvia Fasana)

Nel Santuario della Madonna delle Lacrime (o chiesa di S. Maria del Fiume, come viene indicato nelle fonti storiche documentarie) si venera un’immagine mariana già conosciuta come Madonna del Fiume, un tempo dipinta in una cappellina campestre, che il 6 settembre 1553 avrebbe versato lacrime. I primi testimoni furono una donna, Maria de’ Matti e il sacerdote don Bernardo Bonizio. Dopo il miracolo gli abitanti di Dongo cominciarono ad erigere un edificio sacro attorno alla cappellina, che andò via via ingrandendosi grazie alle donazioni dei fedeli. Nel secondo decennio del secolo XVII, accanto alla chiesa si insediarono i Frati Minori Riformati, costruendovi un convento e continuando ad ampliare e abbellire la chiesa.
In seguito alla soppressione napoleonica del 1810, i frati furono costretti ad abbandonare il convento; la famiglia Polti Petazzi lo acquistò dal demanio lo stesso anno e nel 1838 lo concesse in uso ai religiosi. I frati furono di nuovo fatti allontanare dal convento dalle disposizioni del nuovo Regno d’Italia nel 1868, ma ancora una volta l’intervento dei Manzi, eredi dei Polti Petazzi, permise il rientro della comunità francescana.
L’ultima erede della famiglia, Giuseppina Manzi, nel 1936 donò con atto notarile la proprietà alla Provincia dei Frati Minori di Lombardia. Il vescovo Teresio Ferraroni scelse anche questo santuario per il Giubileo degli anni 1975 e 1983; il suo successore Alessandro Maggiolini rinnovò lo stesso privilegio per il Giubileo del 2000. Inoltre la Madonna delle Lacrime il 1° novembre 2004 fu proclamata Patrona delle Tre Pievi, con decreto del vescovo di Como Alessandro Maggiolini.
La chiesa è ad un’unica navata e quattro cappelle laterali. La prima a destra, dedicata a San Francesco, fu aperta nel 1619 a spese di Tommaso Scanagatta, con decorazione pittorica tradizionalmente attribuita a fra Emanuele da Como (1625-1701) e pala con L’impressione delle Stigmate ritenuta opera di fra Gerolamo Cotica da Premana. Di fronte si apre la cappella di Sant’Antonio, edificata molto probabilmente a spese della Schola Panormi (ovvero con le rimesse degli emigrati a Palermo), con una statua del Santo titolare affiancata da quelle dei protettori del Terz’Ordine francescano, Santa Elisabetta d’Ungheria e San Luigi IX. Alla cappella di San Francesco segue, sempre sulla destra, quella della Crocifissione, che, con quella dirimpetto dell’Ultima Cena, furono verosimilmente aperte nel 1602. Entrambe sono dominate da gruppi scultorei in legno che rappresentano le relative scene evangeliche, realizzate da fra Diego da Careri tra il 1648 e il 1653 su mandato del ministro generale, padre Daniele Cossoni nativo di Dongo. Il presbiterio è affrescato con Figure dell’Antico Testamento con le profezie riguardanti la Madonna (nel sottarco d’accesso), Episodi della vita di San Gioacchino e Sant’Anna (negli ovali della volta), Storie della vita della vergine Maria (sulle pareti laterali), opera di Gian Domenico Caresana da Cureglia (Ticino). Sull’altare marmoreo campeggia l’affresco del miracolo, in una cornice dorata sopra la quale spicca tra raggi la colomba dello Spirito Santo.
Nel convento attiguo al Santuario è conservata una ricca biblioteca con circa 18.000 volumi, fra cui una trentina di incunaboli e oltre 600 edizioni del XVI secolo.
A testimonianza della solenne e crescente importanza della biblioteca vi è una bolla datata 13 febbraio 1682 e firmata da Papa Innocenzo XI, il comasco Benedetto Odescalchi, che decretava la scomunica per chiunque osasse asportare anche un solo volume. Attraverso i Quaderni della biblioteca del Convento francescano di Dongo (rivista molto apprezzata e riconosciuta a livello scientifico) vengono divulgate e approfondite conoscenze relative all’arte, alla cultura, al costume e alla storia del territorio.

Contatti
Santuario e Fraternità francescana Viale della Rimembranza 8, Dongo; Tel. 0344.81338; dongo@fratiminori.it
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più sul Santuario e sul Convento della Madonna delle Lacrime:
Sito dei Frati Minori della Lombardia – Convento della Madonna delle Lacrime
Sito dei Frati Minori della Lombardia – Storia del Convento
Sito della Parrocchia di Dongo – Santuario della Madonna delle Lacrime
Sito della Diocesi di Como – Santuario della Madonna delle Lacrime
Sito di Lombardia Beni Culturali – Santuario Madonna delle Lacrime
Sito ufficiale del Turismo delle Valli del Lario e del Ceresio – Santuario Madonna delle Lacrime

Clicca qui per vedere su YouTube il video di Davide Van De Sfroos realizzato nell’ambito del progetto Terra & Acqua per raccontare il territorio: Dongo il Convento dei frati

Leggi qui per saperne di più sulla Biblioteca del Convento della Madonna delle Lacrime:
Giancarlo Petrella, “L’oro di Dongo” ovvero per una storia del patrimonio librario del convento dei frati minori di Santa Maria del Fiume (con il catalogo degli incunaboli), Leo S. Olschki, Firenze 2012

Sasso Musso

Sasso di Musso

Descrizione
(Silvia Fasana)

Il territorio di Dongo e di Musso è dominato da un imponente sperone roccioso calcareo, il Sasso di Musso, che pare gettarsi a picco nel lago di Como. Il rinomato marmo bianco-grigiastro locale, duro e compatto, cavato già in epoca romana, fu largamente utilizzato per la costruzione di monumenti e chiese, tra cui il Duomo di Como. Data l’estrema vicinanza delle cave con le acque del lago, i blocchi di marmo venivano calati con funi e poi con cavi metallici lungo una corsia lastricata che terminava nel porto. I blocchi di scarto erano invece portati a dorso di mulo o da teleferiche fino al frantoio in riva al lago dove venivano frantumati.
Alla sommità del primo contrafforte del Sasso sorge la piccola chiesa di S. Eufemia, che faceva parte di un sistema fortificato probabilmente presente già in epoca altomedioevale, ma documentato solo nel 1335 come roccaforte dei Malacrida e, dal 1523, di Gian Giacomo de’ Medici, detto il Medeghino. Definito da Cesare Cantù «pirata, re, brigante, traditore, ribelle, assassino, eroe», il Medici aveva qui la sua base strategica, da cui dirigeva le scorrerie sul lago e nel territorio circostante. Nel 1532 fu sconfitto dagli eserciti alleati delle Tre Leghe Grigie e di Francesco II Sforza, che distrussero gran parte dell’imponente sistema difensivo, del quale ora rimangono solo poche rovine.
Nella parte più bassa del Sasso, tra il 1858 e il 1883 il nobile Giovanni Manzi realizzò il “Giardino del Merlo” in cui, accanto a specie autoctone, introdusse piante provenienti da tutto il mondo che crescevano rigogliose grazie al clima mite del lago. Ne risultò un giardino in cui geniali trovate architettoniche (scalinate, gallerie, grotte, arcate, ponti, balaustre ed un intero appartamento scavato nella roccia e nascosto al visitatore) si compenetravano armoniosamente con l’ambiente naturale, creando un insieme di grande fascino, tanto da essere citato nelle guide turistiche europee dell’epoca come meta di elevato interesse artistico-monumentale e paesaggistico.
San Luigi Guanella, amministratore parrocchiale di Pianello del Lario dal 1881 al 1890 e amico di Giovanni Manzi, visitò il giardino e scrisse un’operetta dal titolo Memorie passate e presenti intorno alla Rocca di Musso, pubblicate per la prima volta a puntate sul giornale comasco L’Ordine nel 1884, sottolineando l’importanza di visitare questo luogo «in veste di viandanti […] per approfondire il meglio dell’arte cristiana e della natura creata da Dio». «Da questa prospettiva l’occhio corre spontaneo a quelle vedute di zolle e di boschetti, di viali, di ponti, di zampilli. Case, caverne, gallerie formano un complesso così raro di bellezza del lavoro, della natura e dell’arte, che il visitatore se ne sta a modo di attonito. E quando lo sguardo vuol riposare, qui è l’orizzonte di un cielo limpidissimo che copre monte e valli, piani e acque in quantità» (L. Guanella, Memorie passate e presenti intorno alla Rocca di Musso. Impressioni del visitatore, 1884, 1913).
Mostrando una conoscenza botanica molto approfondita, don Guanella ne descrive le varie parti con le diverse piante presenti, per trarre da ognuna, e dal paesaggio circostante, un significato simbolico, un insegnamento morale. Sono pagine intrise di stupore e poesia: don Guanella sapeva vedere nella bellezza della natura la grandezza e la bontà di Dio.
Alla morte di Giovanni Manzi, nel 1883, la nipote Giuseppina continuò l’opera di cura e abbellimento del Giardino fino alla sua scomparsa, nel 1945. Gli eredi della nobildonna cedettero l’area alla Società Scalini, che vi aprì tre cave di marmo, costruendo anche un forno per la produzione di calce. Dopo il fallimento della Società, nel 1967 la famiglia Colturri acquistò all’asta il Giardino sfregiato e danneggiato, per cercare di salvarlo e farlo rivivere.
Attualmente il Giardino è di proprietà dell’associazione “Giardino del Merlo” Onlus, costituita dalla famiglia Colturri, dalla Comunità Montana Valli del Lario e del Ceresio e dai Comuni di Musso e di Dongo.

Contatti
Associazione “Il Giardino del Merlo” Onlus Tel. 0344.81158

Leggi qui per saperne di più su Gian Giacomo de’ Medici detto il Medeghino:
Enciclopedia Treccani on line Gian Giacomo de’ Medici

Leggi qui per saperne di più sul Giardino del Merlo:
Sito di Lombardia Beni Culturali – Musso Giardino del Merlo
Sito Hortus [in] conclusus

Leggi qui per saperne di più sul Giardino del Merlo e don Luigi Guanella:
Sito del percorso “Sui passi di don Luigi Guanella” – Giardino del Merlo da cui è possibile scaricare la cartina del Giardino

Area Memoriale dei Caduti

Area Memoriale dei Caduti

Informazioni
Collocazione: i tre Monumenti ai Caduti (Alpini, Carabinieri e Finanzieri) sono situati nell’area che fiancheggia sulla destra (guardando la facciata) la chiesa arcipretale di S. Stefano. Quest’area è delimitata lungo via Cimitero da un filare di cipressi, ai piedi dei quali sono stati posti piccole targhette che ricordano i caduti e i dispersi della Seconda Guerra Mondiale.
Pavimentazione: il vialetto di accesso all’area, che si divide in tre rami in corrispondenza dei tre monumenti è in cubetti di porfido.
Barriere architettoniche: per accedere all’area a prato occorre superare un basso gradino.
Accesso: si può accedere all’area memoriale dei Caduti da una breve deviazione lungo un vialetto in porfido che si diparte sulla destra dal piazzale della chiesa arcipretale di S. Stefano.
Servizi: –
Svago e Ristorazione: lido e campeggio nei dintorni.

Descrizione
(Silvia Fasana)

L’area verde sulla destra dell’arcipretale di S. Stefano è una sorta di scrigno delle memorie dei Caduti.
Al centro si trova il Monumento ai Caduti degli Alpini, progettato dall’architetto Vittorio Mapelli, su commissione del Consiglio direttivo del Gruppo Alpini di Dongo nel 1970. Fu inaugurato il 28 maggio 1972 in occasione del centenario della costituzione in Italia delle Truppe Alpine. Su un basso basamento di circa 7 metri per 7, lastricato in pietra e circondato da una catena retta da granate, si erge un’alta e slanciata torre in cemento armato, a forma di penna, alta circa 22 metri, su cui è posto, nella parte più bassa un bassorilievo in pietra ollare con Alpini che vanno alla guerra; alla sommità svetta una croce che sormonta una grande corona di spine in filo metallico. La torre è affiancata da un gradino in pietra, alto circa 20 centimetri, su cui è appoggiato un masso con apposto lo stemma e il motto del Quinto Reggimento Alpini «Nec videar dum sim (Non per apparire, ma per essere)». Nella parte anteriore del grande basamento è stato realizzato un semplice altare in pietra; ai lati “fanno da guardia” due obici.
Sulla sinistra dell’area si trova il Monumento ai Caduti dei Carabinieri, fatto realizzare dalla Sezione di Dongo dell’Associazione Nazionale Carabinieri. Si tratta di una lapide in cemento, posta su un piccolo gradino; sulla lapide, sormontata dalla Fiamma dei Carabinieri in metallo, è apposto un bassorilievo pure in metallo con lo stemma dell’Arma e il relativo motto «Nei secoli fedele». Ai lati sono state poste due fioriere sempre con la fiamma dell’Arma e la scritta «ANC», Arma Nazionale Carabinieri.
Sulla destra dell’area si trova invece il Monumento ai Caduti della Guardia di Finanza della Compagnia di Menaggio, morti vigilando l’impervio confine italo-svizzero nella lotta al contrabbando, voluto dalle Sezioni dell’Associazione Nazionale Finanzieri d’Italia di Dongo, Gravedona, Porlezza, San Fedele Intelvi.
Il monumento, che si compone di una stele in pietra collocata su due gradini in pietra e inglobata in una struttura metallica a forma di piramide, porta lo stemma della 6^ Legione della Guardia Di Finanza che, subentrata nel 1945 all’antica Regia Guardia di Finanza, era adibita al controllo di tutta l’area di frontiera che si estendeva da Varese e Como fino a Sondrio e Lecco. Tre lastre metalliche riportano i nomi dei Caduti «per la Patria»; nel 1994 è stato aggiunto quello del Servo di Dio don Quintino Sicuro: «Don Quintino Sicuro vicebrigadiere della Guardia di Finanza verso la gloria degli altari. Melissano (Lecce) 29 maggio 1920 – Balze di Verghereto (Forlì) 26 dicembre 1968».
«Don Quintino prima di diventare prete e poi eremita in una località deserta dell’Appennino romagnolo, è stato un brigadiere della Guardia di Finanza e ha prestato servizio in Val Chiavenna e anche nelle casermette della Guardia di Finanza disseminate in Alto Lago ai tempi in cui il contrabbando era una realtà quotidiana, una fonte di sopravvivenza per i residenti in quelle zone un po’ dimenticate» (dal sito www.donquintinosicuro.com).
Scrive Elisa Denti in un suo articolo pubblicato l’8 novembre 2012 sul giornale on-line vaol.it, in occasione del ventennale dell’inaugurazione del Monumento: «I Finanzieri per la maggior parte provenivano dal Centro e dal Sud dell’Italia ed erano spesso poco preparati all’ambiente montano e al gelo dell’inverno. Molti morirono in incidenti in montagna, sotto valanghe, o per il freddo, costretti a operare in un’ostilità generale che derivava dall’istintiva solidarietà nei confronti dei contrabbandieri locali».

Contatti
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Per saperne di più su don Quintino Sicuro:
Sito su don Quintino Sicuro

Parrocchiale S. Stefano

Chiesa di S. Stefano

Informazioni
Collocazione: la facciata dell’arcipretale di S. Stefano prospetta su un ampio piazzale all’incrocio tra le vie Cimitero, Mons. Bellesini e dei Cossoni, non lontano dalla riva del lago.
Pavimentazione: il piazzale è asfaltato nella parte più lontana dall’edificio sacro; è pavimentato in porfido nella parte che circonda la chiesa, con una fascia centrale acciottolata che si prolunga a bordare la facciata, descrivendo una sorta di Tau. Proprio davanti all’ingresso principale la fascia acciottolata presenta un inserto quadrato lastricato in pietra di 3,5 metri per 3,5 con al centro una decorazione a forma di fiore. Ai due lati della fascia in porfido ci sono due ampie aree verdi a prato e alberi.
Barriere architettoniche: per accedere all’edificio sacro dal portone centrale occorre salire un basso gradino e superare una soglia; i gradini sono due in corrispondenza delle porte laterali.
Accesso: alla chiesa si accede dal portone centrale. Il portone immette in una bussola tardo settecentesca, che consente l’ingresso all’interno della chiesa.
Servizi: –
Svago e Ristorazione: lido e campeggio nei dintorni.
Altre informazioni: la chiesa è solitamente chiusa. Per gli orari delle S. Messe clicca qui

Descrizione
(Silvia Fasana)

L’arcipretale di S. Stefano, dominante nel paesaggio della riva del lago, è una delle chiese più grandi della Diocesi di Como, tanto che Alessandro Macchi, vescovo di Como dal 1930 al 1947, amava definirla la “sua cattedrale”. I documenti più antichi conservati nell’archivio parrocchiale risalgono al XII secolo ma i resti più antichi fino ad ora emersi sono di epoca gotica non anteriore al Trecento.
A partire dal 1716 la chiesa fu ricostruita sulle fondamenta del precedente edificio, ormai danneggiato pesantemente dalle continue esondazioni del lago. I lavori furono terminati nel 1735, ma per tutto il Settecento e oltre la chiesa continuò ad arricchirsi di pregevoli opere d’arte e decori. La nuova chiesa fu consacrata dal vescovo Carlo Rovelli il 14 giugno 1804. Nel corso del Novecento vennero eseguiti numerosi interventi di ristrutturazione e di restauro.
La severa facciata rettangolare, scandita in cinque parti da lesene terminanti in semplici capitelli modanati, legati da una sottile cornice in pietra, è divisa in due piani da una grande cornice aggettante e culmina in un timpano. Nella parte inferiore si aprono il portone centrale e due porte laterali più piccole. Sul lato meridionale sorge il campanile settecentesco.
L’interno è a una navata, con quattro cappelle laterali. Lungo la navata, a mezza altezza, si aprono dieci nicchie: vi sono ospitate altrettante grandi statue in stucco, opera settecentesca dell’importante scultore lagliese Stefano Salterio, che legò la propria fama anche alla decorazione del Santuario del Crocifisso a Como. Le statue rappresentano il titolare della chiesa e i Santi patroni delle vicine parrocchie che anticamente dipendevano dalla pieve di Dongo.
Procedendo lungo la navata, la prima cappella sulla destra è dedicata a San Pietro, ed è ornata da pregevoli affreschi raffiguranti Episodi della vita dell’apostolo, opera di Carlo Scotti di Laino del 1782. Sull’altare, una tela a olio secentesca con Cristo consegna a Pietro le chiavi della Chiesa di Fra’ Gerolamo Cotica da Premana, attivo anche nel vicino Santuario della Madonna delle Lacrime e nell’annesso convento francescano. Proseguendo si trova la cappella dell’Addolorata, la cui ricca decorazione ad affresco, di gusto barocco, è opera del 1743 di Giulio Quaglio e ha come tema i Sette dolori della Vergine.
L’area presbiteriale, decorata da Carlo Scotti da Laino secondo un ricco programma iconografico dedicato alla Vita di Santo Stefano, è dominata dall’altare maggiore in marmi policromi e. A destra del presbiterio si accede alla sacrestia, ottenuta dall’abside trecentesca e da un successivo ampliamento; a sinistra del presbiterio si accede invece all’oratorio dei Confratelli, ricavato dall’altra abside laterale dell’antica chiesa. In questi due ambienti sono conservate le tracce degli affreschi secenteschi della precedente chiesa. Nella zona absidale spiccano affreschi a tema eucaristico, opera sempre di Carlo Scotti.
Ritornando nella navata, sul lato sinistro si apre la cappella neoclassica dedicata al Crocifisso, dipinta da Filippo Bellati nel 1807 con temi legati alla Passione e alla Risurrezione di Cristo; segue la cappella di Santa Marta, la cui decorazione ad affresco è attribuita ai fratelli Torricelli di Lugano, che l’avrebbero dipinta verso il 1780.

(Liberamente tratto da Cooperativa Turistica Imago, La chiesa di S. Stefano a Dongo, Associazione Iubilantes, Como 2007)

 

Contatti
Parrocchia di Dongo via Don Giovanni Manzi 40, Dongo; Tel. 0344.81.233; info@parrocchiadongo.it; www.parrocchiadongo.it
Ufficio Turistico Cooperativa Turistica Imago Piazza Paracchini 6, Dongo; Tel. 0344.82572; info@imagolario.com; www.imagolario.com

Leggi qui per saperne di più sulla chiesa di S. Stefano:
Sito della Parrocchia di Dongo – Chiesa di S. Stefano
Sito di Lombardia Beni Culturali – Chiesa di S. Stefano
Sito ufficiale del Turismo delle Valli del Lario e del Ceresio – Chiesa di S. Stefano