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La Madonna del latte

Descrizione
(Silvia Fasana)

La “Madonna del latte”, la Virgo lactans, dal punto dal punto di vista iconografico è una Madonna che, a seno scoperto, allatta il Bambino. Si tratta di un soggetto devozionale tra i più diffusi, documentato fin dalle origini del cristianesimo e molto frequente soprattutto negli ambienti rurali nei secoli XIV-XVI perché rispondeva ad un preciso bisogno per tante donne: un sostegno divino per tutti i problemi riguardanti la maternità, il parto, l’allattamento. Quelli della fertilità, della generazione, della nascita sono temi ancestrali e radicati nella cultura popolare fin dalle civiltà arcaiche, tanto che, da un punto di vista antropologico, la figura della Madonna del latte è strettamente legata a quella delle Veneri preistoriche, delle grandi dee madri, di Iside. Dopo il Concilio di Trento (1545-1563) questa Madonna è stata ritenuta “sconveniente”, imbarazzante e perciò progressivamente accantonata. Proprio gli arcivescovi milanesi San Carlo e suo cugino Federico Borromeo erano intervenuti a disciplinare ed indirizzare, soprattutto in terra ambrosiana, l’arte e la pittura sacra verso un maggiore decoro e rigore religioso.
Molte di queste raffigurazioni, in particolare nei secoli XVIII-XIX, furono censurate, ritoccate o denominate diversamente, o addirittura sostituite con immagini come quelle della Madonna del Rosario e dell’Immacolata, espressione di modelli ed istanze religiose e culturali mutate nel corso dei secoli.
Con il loro pudico e umile gesto di allattare, così umano, così materno, le Madonne del latte, oggi come allora, traducono in termini quotidiani un importantissimo concetto teologico, l’essenziale espressione della novità del messaggio rivoluzionario cristiano: il “Dio che si è fatto carne”. Un messaggio così importante che viene espresso da una figura tenera, familiare, vicina alle gioie e alle sofferenze di ogni giorno, alla difficoltà e alla grandezza di essere donna e madre e nel contempo potente mediatrice presso il proprio Figlio, che è Dio, per innumerevoli grazie materiali e spirituali. Lo studioso di etnografia Natale Perego ha proposto anche questa sottolineatura: «l’immagine della “Madonna del latte” rinvia ad epoche nelle quali i figli nascevano con maggiore frequenza ed erano ritenuti un dono del cielo e l’inginocchiarsi davanti alla Madonna aveva senso per la sacralità insita nella vita, per quel senso di mistero che comportava sempre il veder formarsi una nuova vita nel grembo materno. Era questa convinzione, questa consapevolezza, il presupposto culturale che legittimava e dava senso alla devozione per la “Madonna del latte”, una convinzione, oggi, sempre più difficile da riscontrare».
È curioso notare come a Cantù la “Madonna Bella” era dipinta su un muro poco fuori dalla Porta medioevale di Campo Rotondo; la Madonnina di San Paolo in origine su un tratto delle mura urbane accanto a Porta Ferraia; quella in S. Antonio accanto all’accesso in città da ovest, così pure altre immagini mariane sono state segnalate anche per San Rocco (già Coldonico) e Porta Sant’Ambrogio. Graziano Alfredo Vergani parla di una «valorizzazione e sacralizzazione degli accessi urbani», con funzione evidentemente di richiesta di protezione: le fonti documentarie fanno emergere come a Cantù, come in altri luoghi, gli ingressi al borgo erano spesso interessati da immagini sacre «siano essi dipinti devozionali posti nei pressi delle porte, siano invece oratori eretti a lato del varco, siano invece più ampi ed importanti istituzioni ecclesiastiche poste lungo le vie di uscita del borgo nelle immediate vicinanze delle porte».

Per saperne di più:
N, Perego, Una Madonna da nascondere. La devozione per la “Madonna del latte” in Brianza, nel lecchese e nel triangolo lariano, Cattaneo Editore, Oggiono 2005.

Basilica di S. Vincenzo di Galliano

Informazioni
Collocazione: la Basilica di S. Vincenzo, con l’adiacente battistero di S. Giovanni, sorge in uno spiazzo erboso su una collina morenica a oriente del centro storico di Cantù, all’interno di un’area recintata, in via San Vincenzo 7.
Accesso: alla Basilica si accede dall’ingresso in facciata
Pavimentazione: lo spazio antistante la Basilica è erboso, con guide in lastricato di pietra che evidenziano il perimetro originario della chiesa voluta da Ariberto da Intimiano (sec. XI). L’interno è pavimentato in mattonelle di cotto; le scale di accesso all’area absidale e alla cripta sono in pietra.
Barriere architettoniche: all’area recintata si accede da quattro gradini in pietra. Per entrare nella Basilica occorre superare una bassa soglia sempre in pietra. Per scendere alla cripta c’è una rampa di scale a destra e una a sinistra entrambe di 8 gradini; così pure per salire all’area presbiteriale rialzata occorre percorrere una rampa centrale di 9 gradini
Servizi: parcheggi disponibili in zona; fermate degli autobus; Ospedale in via Domea 4.
Svago e Ristorazione: nello spazio antistante la Basilica c’è una fontanella in pietra. Ci sono bar, ristoranti e negozi in zona.
Altre informazioni: per gli orari di apertura, rivolgersi ai recapiti sotto indicati.
Nello spazio antistante la Basilica nel luglio 2007 è stato collocato un modellino in bronzo in scala della Basilica e del Battistero, opera di Claudio Caimi, donato dal Lions Club Cantù, per permettere anche ai non vedenti di apprezzare i particolari architettonici del complesso.
Monumenti correlati: Battistero di S. Giovanni

Descrizione
(Silvia Fasana)

Testimonianze archeologiche suggeriscono che sul colle di Galliano nel V secolo esistesse già una piccola chiesa paleocristiana con funzione cimiteriale (come confermano le numerose lapidi tuttora visibili), probabilmente costruita sui resti di un precedente luogo di culto pagano, di cui pure restano tracce. Nel VIII secolo, in età carolingia, con la nomina della chiesa a capo-pieve, questo primo edificio venne verosimilmente ampliato per rispondere alle esigenze di una comunità sempre più numerosa. L’intervento più significativo lo si deve però ad Ariberto da Intimiano (967-1045) che, non ancora arcivescovo di Milano, venne nominato custode della chiesa. A seguito del rinvenimento dei corpi dei sacerdoti Adeodato, Ecclesio, del diacono Savino e di Manifredo, ritenuti santi, Ariberto si fece promotore di una grande opera di rinnovamento e decorazione dell’edificio; a questa fase si deve anche la decorazione ad affresco dell’abside e delle pareti della navata principale. A opera completata, il 2 luglio 1007, Ariberto consacrò la Basilica e la dedicò a San Vincenzo di Saragozza. Nel 1582 San Carlo Borromeo trasferì la dignità di plebana alla chiesa di S. Paolo e quella di S. Vincenzo progressivamente cadde in uno stato di degrado sempre maggiore; nel 1798 fu alienata e venduta a privati, sconsacrata e ridotta a cascinale.
Solo all’inizio del secolo scorso, sull’onda del rinato interesse per il patrimonio storico e artistico, la Basilica di Galliano fu inserita nell’elenco ufficiale dei Monumenti Nazionali; nel maggio 1909 l’ultimo proprietario cedette l’edificio al Comune. Iniziò così il recupero della Basilica, con una lunga fase di restauri: nel 1934 fu riconsacrata dal cardinale Schuster e nel maggio del 1986, dopo una serie di nuovi interventi, fu riaperta al culto.

La semplice facciata lascia intravedere la ripartizione interna originale in tre navate, di cui quella destra è andata perduta nel XIX secolo; la parte dove si innestava è stata oggi chiusa da una vetrata. La Basilica aribertiana era anche preceduta da un quadriportico ed era dotata di un campanile, oggi scomparsi; un moderno tracciato in pietra nel prato circostante ne evidenzia il perimetro complessivo originario.
Sulla parete interna della navata sinistra sono state collocate la lapide di dedicazione della chiesa da parte di Ariberto di Intimiano nel 1007 e la lapide funeraria di Adeodato.
L’area presbiteriale, rilevata rispetto al piano della chiesa per la presenza della sottostante cripta, è impreziosita dalla splendida decorazione del XI secolo definita dagli storici dell’arte Marco Rossi e Manuela Beretta «un vertice pittorico a livello europeo, di straordinaria qualità formale», riconducibile a un maestro che seppe unire la cultura orientale bizantina e lo stile occidentale tardo antico. Al centro del catino absidale campeggia, in mandorla, l’immagine maestosa del Cristo Pantocratore, in vesti imperiali; con la mano sinistra regge un libro in cui si leggeva la scritta «PASTOR OVIUM [BO]NUS (Il pastore buono delle pecore)», mentre con la mano destra traccia un gesto trionfale. Lo fiancheggiano le immagini dei profeti Geremia ed Ezechiele adoranti e, dietro, degli Arcangeli Michele e probabilmente Gabriele (non leggibile). Dietro gli arcangeli si intravedono, a destra e a sinistra, gruppi di Personaggi con aureola, corone e palme. Nell’emiciclo inferiore sono invece raffigurati episodi del Martirio di San Vincenzo che terminano con la monofora sud dell’abside; la parte restante dell’emiciclo absidale è occupata da due monumentali figure, separate da una nicchia eucaristica, risultante da una bifora tamponata. A sinistra della nicchia spicca Sant’Adeodato che, rivolto verso Cristo in Maestà, gli presenta Ariberto da Intimiano, a destra, raffigurato con gli abiti da suddiacono e con in mano il modellino della chiesa.
La parete che introduce al presbiterio con l’arco trionfale è decorata con un complesso apparato iconografico che sembra preannunciare la manifestazione della gloria del Cristo Pantocratore nel catino absidale. Nella cornice appare una decorazione con animali marini, granchi, tartarughe e calici di vetro, forse richiamo alle acque superiori, quelle poste da Dio nella Genesi sopra il firmamento, mentre alla sommità del fregio campeggiano due delfini, antico simbolo della Resurrezione. Le colonne dipinte sui piedritti dell’arco sono decorate a fasce alternate rosse e azzurre, mentre la decorazione dell’intradosso è a semicerchi addossati, con una cromia iridescente, arricchiti da volatili di diverse specie (cigni, aironi, gru), tra cui, al centro dell’intradosso, un pellicano, simbolo cristologico.
Sul parapetto che delimita sul fronte destro l’area presbiteriale, sopra l’accesso destro alla cripta, campeggia una Vergine in trono con il Bambino; accanto sono una serie di Santi, tra cui San Michele, San Pietro, San Paolo. Nella figura di un diacono con stola e manipolo sul braccio sinistro viene riconosciuto San Vincenzo, in quella del vescovo si ipotizza Sant’Ambrogio e in quella del sacerdote Sant’Adeodato, databili secondo recenti studi all’ultimo quarto del XIII secolo.
La cripta fu fatta realizzare nel secolo XI da Ariberto da Intimiano per conservarvi le reliquie di Adeodato, Ecclesio, Manifredo e Savino da lui rinvenute. È sorretta da quattro colonne sovrastate da capitelli di riutilizzo, risalenti all’VIII-IX secolo, su cui si impostano volte a crociera. Alle pareti, in alternanza con le piccole monofore, sono addossati i pilastri che sorreggono le arcate, decorati con tre Santi religiosi riconducibili all’ultimo quarto del XIII secolo. Ma l’affresco certamente più caro alla tradizione popolare è quello della Madonna del latte, fatto risalire alla seconda metà del XIV secolo. Ai piedi di questa immagine ritenuta miracolosa sgorgava dell’acqua, poi canalizzata verso un pozzo di raccolta, a cui venivano attribuite proprietà galattofore. Molto probabilmente fu proprio la devozione popolare per questa immagine della Madonna del latte riuscì, almeno in parte, a preservare Galliano come luogo di culto anche nei secoli di abbandono e ancora oggi davanti all’immagine sono lasciati fiori e lumini, segno di una devozione che non è mai venuta meno.
La decorazione pittorica della navata, sempre commissionata da Ariberto, si riferisce a maestranze diverse e sviluppa cicli narrativi biblici e agiografici. Gli affreschi hanno però subito purtroppo notevoli danni per le vicende legate alla storia della Basilica, risultando non sempre leggibili. Sulla parete settentrionale (sinistra) della navata centrale si possono leggere su tre registri i dipinti dedicati rispettivamente a Storie della Genesi, di Giuditta e di Santa Margherita di Antiochia, protettrice delle partorienti. Le due Sante sono indicate come modelli femminili dell’Antico e del Nuovo Testamento, a cui corrispondono altrettanti modelli maschili sulla parete di fronte: sulla parete meridionale (destra) si leggono infatti, sempre su tre registri, le Storie di Sansone e di San Cristoforo; quest’ultimo campeggia anche in figura monumentale al centro della parete.
In controfacciata è stato collocato un lacerto di affresco raffigurante un Santo Vescovo con due Santi ecclesiastici martiri, proveniente dalla cripta e attribuito al terzo decennio del XIV secolo, accanto ad un affresco con Santa Maria Maddalena, Santa Veronica, un Santo martire di probabile stirpe regale e San Giovanni Evangelista (?), ciò che rimane di un affresco più ampio coevo.

Contatti
Parrocchia S. Paolo – Segreteria, via C. Annoni 3 Cantù; Tel. 031.701393; E-mail sanpaolo@cracantu.it; Sito internet http://sanvincenzocantu.it/comunita-pastorale/chiese-sussidiarie-santuari/sussidiarie-santuari-san-paolo/
Comune di Cantù – Ufficio Cultura, Piazza Parini 4 Cantù; Tel. 031.717445; 031.717446; 031.717491; E-mail cultura@comune.cantu.co.it

Per saperne di più:
Sito della Comunità Pastorale “San Vincenzo” Cantù-Intimiano
Sito del Comune di Cantù
Sito del Cammino di San Pietro

Gruppo Arte e Cultura (a cura di), Galliano. 1000 anni di storia, Cantù 1995
D. Grossi, O. Molteni, G. Montorfano, Galliano e la città di Cantù, Enzo Pifferi Editore, Como 2000
G. Montorfano (a cura di), Galliano nei secoli: mostra archivistica sulle principali fonti storiche e documentarie reperite sulla storia di Galliano e della sua Basilica, Cantù, novembre 2006-luglio 2007, Tipografia Cavalleri, Cantù 2007;
M. Rossi (a cura di), Galliano. Pieve Millenaria, Lyasis edizioni, Sondrio 2008
Il Complesso Monumentale di Galliano a Cantù, Associazione Iubilantes, Como 2016

Battistero di S. Giovanni di Galliano

Informazioni
Collocazione: il Battistero di S. Giovanni sorge nei pressi della Basilica di S. Vincenzo in Galliano, a pochi metri dall’area su cui si trovava la navata destra. Probabilmente era collegato alla chiesa stessa da un portico
Accesso: al Battistero si accede dall’ingresso in facciata, oltre il pronao
Pavimentazione: lo spazio antistante il Battistero, coperto da pronao, è in acciottolato; l’area circostante è erbosa, con guide in lastricato di pietra che evidenziano il perimetro originario della chiesa voluta da Ariberto da Intimiano (sec. XI) e il suo collegamento con il Battistero. L’interno del Battistero è pavimentato in pietra; la galleria del matroneo è lastricata in pietra e le scale per accedervi sono pure in pietra.
Barriere architettoniche: all’area recintata circostante il Battistero e la Basilica si accede da quattro gradini in pietra; al Battistero attraverso un gradino in pietra. L’abside orientale, di fronte all’ingresso, è rialzato da un gradino che al centro diventano due. Si può salire al matroneo da due rampe di 32 gradini ciascuna, una a destra e una a sinistra dell’ingresso.
Servizi: parcheggi disponibili in zona; fermate degli autobus; Ospedale in via Domea 4.
Svago e Ristorazione: nello spazio antistante la Basilica c’è una fontanella in pietra. Ci sono bar, ristoranti e negozi in zona.
Altre informazioni: per gli orari di apertura, rivolgersi ai recapiti sotto indicati.
Nello spazio antistante la Basilica nel luglio 2007 è stato collocato un modellino in bronzo in scala della Basilica e del Battistero, opera di Claudio Caimi, donato dal Lions Club Cantù, per permettere anche ai non vedenti di apprezzare i particolari architettonici del complesso.
Monumenti correlati: Basilica di S. Vincenzo

Descrizione
(Silvia Fasana)

Secondo alcuni studiosi il Battistero risalirebbe all’XI secolo, agli stessi anni in cui Ariberto fece ampliare la Basilica di S. Vincenzo; questa ipotesi sarebbe supportata da analogie nelle tecniche di costruzione e negli aspetti stilistici dei due edifici. Un’altra ipotesi collocherebbe invece la costruzione del Battistero tra il V e il IX secolo, quindi anteriore alla Basilica.
Il Battistero perse la sua funzione quando nel 1582 l’arcivescovo di Milano San Carlo Borromeo elevò al rango di plebana la chiesa di S. Paolo.
L’edificio, con orientamento est-ovest, presenta una pianta centrale quadrilobata a quattro absidi, di cui l’occidentale aperta da un breve corridoio di ingresso; è preceduto da un pronao che, innestato sull’abside occidentale, funge da apertura sull’esterno e da collegamento con l’area basilicale. Corona l’edificio un tiburio ottagonale.
All’interno, al centro dell’aula battesimale, su cui si aprono le quattro absidi scandite da altrettanti pilastri portanti, vi è la vasca battesimale circolare monolitica. Nell’abside orientale, di fronte all’ingresso, è collocato un altare il cui fronte reca una lastra di marmo di Musso con una raffinata incisione del Chrismon, formato dalle due lettere dell’alfabeto greco che danno l’abbreviazione del nome di Cristo (la Chi = X e la Rho = P), affiancate dalla prima e dall’ultima lettera dell’alfabeto greco (Alfa = A e Omega = Ω), a cui qui si sovrappone una croce gemmata. Il Chrismon è inscritto in un cerchio su cui si posano due colombe recanti ramoscelli di ulivo, a dare un insieme ricco di significati simbolici cristologici. L’opera è stata datata al VI–VII secolo e verosimilmente proveniva dall’originaria chiesa paleocristiana di Galliano.
Nell’ingresso, simmetricamente, a sinistra e a destra, nello spessore della muratura si aprono due strette scale per mezzo delle quali si accede al matroneo, un largo corridoio che si affaccia sulla sottostante area battesimale attraverso aperture ad arco, due per ognuno dei quattro lati. Gli affreschi originari, tranne alcuni lacerti, sono andati persi.

Contatti
Parrocchia S. Paolo – Segreteria, via C. Annoni 3 Cantù; Tel. 031.701393; E-mail sanpaolo@cracantu.it; Sito internet http://sanvincenzocantu.it/comunita-pastorale/chiese-sussidiarie-santuari/sussidiarie-santuari-san-paolo/
Comune di Cantù – Ufficio Cultura, Piazza Parini 4 Cantù; Tel. 031.717445; 031.717446; 031.717491; E-mail cultura@comune.cantu.co.it

Per saperne di più:
Sito della Comunità Pastorale “San Vincenzo” Cantù-Intimiano
Sito del Comune di Cantù
Sito del Cammino di San Pietro

Il Complesso Monumentale di Galliano a Cantù, Associazione Iubilantes, Como 2016
M. Rossi (a cura di), Galliano. Pieve Millenaria, Lyasis edizioni, Sondrio 2008

Santuario,facciata

Santuario della Beata Vergine dei Miracoli

Informazioni
Collocazione: il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli si trova in Piazzale XXV Aprile, alla fine di Viale alla Madonna, presso il Cimitero.
Pavimentazione: la chiesa prospetta su un sagrato a forma semilunare con pavimentazioni in ciottoli, bordato nella parte esterna da una stretta aiuola con bassi cespugli e da una fascia ancora acciottolata in cui sono infissi una serie di paletti in ferro (40 cm di altezza) e di pilastrini in pietra (60 cm) che reggono una catena sempre in ferro. Queste due fasce si interrompono in corrispondenza degli spigoli della facciata e a circa ¾ della circonferenza a partire da destra. Davanti al portone principale c’è una piccola lunetta pure in acciottolato bianco e nero con il monogramma M V. La bussola è pavimentata in pietra come pure l’interno del Santuario.
Barriere architettoniche: il sagrato è leggermente in discesa, convergente verso l’ingresso principale. Per accedere al sagrato ci sono due passaggi laterali a destra (con un piccolo dislivello rispetto al piano stradale, corrispondente al marciapiede ribassato) e a sinistra (più ampio, ma attenzioni ai paletti) della facciata, non delimitati dalla catena e dall’aiuola.
In corrispondenza del portone principale c’è un’ampia bussola con due aperture frontali.
Accesso: si accede dal portone principale, normalmente aperto.
Servizi: parcheggi disponibili in zona; Cimitero; Farmacia in via Brighi.
Svago e Ristorazione: bar e caffetterie in zona; spazio verde con panchine antistante il Monumento agli Artiglieri Caduti per la Patria, all’angolo tra Viale alla Madonna e via Cesare Cantù.
Altre informazioni: la chiesa è normalmente aperta. Per gli orari di apertura, rivolgersi ai recapiti sotto indicati.

Descrizione
(Silvia Fasana)

Nel luogo dove oggi sorge il Santuario, fuori dall’antica porta di Campo Rotondo, nel secolo XVI c’era un antico muro con dipinta un’immagine popolare della Madonna del latte, chiamata “Santa Maria Bella”.
Vuole la tradizione popolare che nel maggio 1543, la Madonna apparve alla giovane Angiolina, che era andata a pregare davanti alla sacra immagine per la cessazione di una tremenda carestia che si era abbattuta sulla zona, invitandola ad andare con la sua famiglia a mietere un abbondante raccolto.
A seguito di questo avvenimento miracoloso, la fama della venerata immagine si diffuse rapidamente nel territorio comasco e milanese, tanto che tra il 1554 e il 1555 venne costruita attorno ad essa una chiesa, come attestano le due lapidi poste all’interno sulla parete sinistra.
La facciata, in stile eclettico con chiara predominanza di elementi barocchi, è stata realizzata (1900-1901) in cemento Portland su disegno di Italo Zanolini; nella parte superiore, una grande nicchia raggiata accoglie un’imponente statua dell’Assunta.
L’interno è a tre navate; la centrale termina con il presbiterio, mentre le laterali con due cappelle, dedicata rispettivamente a Sant’Antonio (a sinistra) e a Santa Teresa d’Avila (a destra).
La parte anteriore della chiesa, fino alla linea degli altari, è il risultato della ricostruzione ottocentesca su progetto dell’architetto Giacomo Moraglia in conseguenza di un crollo avvenuto nell’ottobre 1837. A pianta quadrata, appare quasi spoglia, una sorta di vestibolo che prepara e introduce la magnificenza del presbiterio e del coro, affrescati secondo precisi programmi iconografici, vera e propria quinta scenografica che circonda l’effige miracolosa della Madre di Dio, in un tripudio di colori.
La decorazione delle pareti e della cupola del presbiterio è una delle ultime opere note di Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino (1637-38). La struttura compositiva e il programma iconografico sono complessi: oltre alle due Epifanie narrate dai Vangeli, in cui Maria “presenta” il Figlio ai pagani (L’Adorazione dei Magi) e al popolo Ebraico (Le Nozze di Cana) raffigurate sulle pareti laterali, attorno agli archi soprastanti sono affiancati Profeti e Sibille, per sottolineare il continuum tra antichità classica e tradizione biblica nell’attesa della nascita di Cristo da Maria. Il tutto culmina con l’immagine tardo ottocentesca dell’Assunta, posta in una corona di angeli musicanti, al centro della cupola sopra il presbiterio. Il coro è invece decorato con stucchi e con un ciclo di dipinti con Storie dell’infanzia di Gesù, attribuito a Giovanni Stefano Doneda detto il Montalto con la collaborazione del fratello Giuseppe (settimo-ottavo decennio del secolo XVII).
Sotto l’arco tra il presbiterio e il coro si erge l’altare neoclassico in marmi bianchi e grigi, realizzato nel 1852 su disegno dal pittore Pompeo Calvi. Al centro del dossale è posta l’immagine miracolosa della “Madonna Bella” che allatta il Bambino, vero centro spirituale del Santuario. La Madonna è seduta su un trono ligneo di gusto tardogotico con dossale tricuspidato; ai lati si affacciano due angeli musicanti. Si tratta di un dipinto devozionale, di stile popolare, databile a non oltre la metà del XV secolo, anche se nei secoli è stato oggetto di pesanti ridipinture.
Nel Santuario sono anche da segnalare nella navata sinistra una pregevole Incoronazione della Vergine di Camillo Procaccini (attr. 1610), in origine situata nella parrocchiale di S. Paolo e nella cappella destra l’Apparizione di Cristo a Santa Teresa, dipinta dal pittore francese Charles Grandon (1714) e donata nel 1777 al Santuario dal canonico Torriani, copia del dipinto dell’artista emiliano Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino.

Contatti
Parrocchia S. Paolo – Segreteria, via C. Annoni 3 Cantù; Tel. 031.701393; E-mail sanpaolo@cracantu.it; Sito internet http://sanvincenzocantu.it/comunita-pastorale/chiese-sussidiarie-santuari/santuario-b-vergine-maria/
Comune di Cantù – Ufficio Cultura, Piazza Parini 4 Cantù; Tel. 031.717445; 031.717446; 031.717491; E-mail cultura@comune.cantu.co.it

Per saperne di più:
Sito della Comunità Pastorale “San Vincenzo” Cantù-Intimiano
Sito del Comune di Cantù
Sito del Cammino di San Pietro

Il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli a Cantù, Associazione Iubilantes, Como 2018
G. Motta, A. Orombelli, Il Santuario della Madonna dei Miracoli di Cantù, La Grafica, Cantù 1965.

MADONNINA SAN PAOLO

Oratorio della Beata Vergine o Madonnina di S. Paolo

Informazioni
Collocazione: l’Oratorio è situato sulla parte esterna del sagrato della chiesa di S. Paolo, accanto al portale d’ingresso di casa Scotti, ex palazzo Archinto, addossato alle vecchie mura nei pressi della porta Ferraia
Accesso: si accede dall’ingresso posto in facciata
Pavimentazione: lo spazio antistante all’Oratorio è in acciottolato; la fascia che borda la facciata e il primo gradino di accesso sono in piastrelle di pietra mentre gli altri due gradini più l’ultimo sono in pietra. L’androne è pavimentato in pietra, l’interno in cotto.
Barriere architettoniche: vi sono tre gradini più uno per accedere all’interno dell’Oratorio, superando inoltre un piccolo andito delimitato anteriormente da una inferriata apribile rinforzata da vetro. L’area absidale è rialzata da un gradino. Al centro dell’oratorio è posto il fonte battesimale, in un’area leggermente ribassata (attenzione al dislivello).
Servizi: fermate degli autobus urbani ed extraurbani in Piazza Parini; Bancomat in Piazza Garibaldi e in via Corbetta; Farmacie in via Ariberto da Intimiano e via Matteotti
Svago e Ristorazione: bar e negozi in zona; giardini pubblici in via Dante (Parco Argenti) e via Roma (Parco Martiri delle Foibe).
Altre informazioni: l’Oratorio è normalmente chiuso. Per informazioni, ci si può rivolgere ai recapiti sotto indicati.

Descrizione

Si tratta di un piccolo edificio a pianta quadrata, dotato di un’insolita abside a sette lati con pareti irregolari forse per adattarsi all’andamento delle mura che cingevano il borgo. Studi stratigrafici evidenzierebbero come l’oratorio sarebbe stato eretto tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, inglobando una più antica immagine della Madonna del latte dipinta su un tratto delle mura, con funzioni protettive. Non è infatti menzionato tra le chiese censite da Goffredo da Bussero nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani del 1289.
Nel secolo XVI , come documentano gli stessi affreschi dell’Oratorio, la facciata era aperta e delimitata da una grata di ferro, come nel 1566 testimonia il visitatore apostolico padre Leonetto Clivone; successivamente fu chiusa a seguito delle prescrizioni date da San Carlo Borromeo dopo la sua visita del 9 luglio 1570. Nella stessa occasione il Cardinale imponeva anche di dare maggiore decoro al battistero, allora collocato nella chiesa di S. Paolo; nel frattempo i battesimi avrebbero dovuto essere celebrati «nella chiesa più propinqua». Così il fonte battesimale fu temporaneamente spostato nell’oratorio della Beata Vergine; nel 1717 il cardinale Giuseppe Archinto prescrisse che l’oratorio fosse adibito ad altro uso, ovvero come sede delle Confraternite del SS. Sacramento e della Beata Vergine del Monte Carmelo.
Da qui iniziò un periodo di decadenza: le attenzioni di don Carlo Annoni, insieme a quelle del Calvi e del Garovaglio, fecero sì che l’oratorio non venisse distrutto nel processo di rinnovamento urbano di fine Ottocento, anche se venne destinato ad altri usi (deposito o laboratorio). Fu solo nel 1956 che, grazie al Prevosto mons. Giuseppe Bratti, vennero compiuti i primi restauri, per adibirlo ancora a Battistero per un breve periodo a cavallo degli anni Sessanta dello scorso secolo. Tra il 1998 e il 2004 si procedette ad una serie di interventi finalizzati alla conservazione e al consolidamento della struttura e al restauro degli affreschi.

In contrasto con la disadorna semplicità dell’esterno, le pareti interne e la volta sono riccamente ornate da una decorazione ad affresco che interessa l’abside, le pareti laterali e la volta.
L’abside, a sette lati, è divisa in sette scomparti da un loggiato aperto su un paesaggio retrostante: al centro campeggia una Madonna del latte, di fattura popolare, riferita al secolo XIV per i suoi connotati gotici. Unico caso tra le Madonne del latte canturine, la Vergine porta sul capo una corona che ne sottolinea la regalità; il Bambino tiene in mano un uccellino. Scrive Natale Perego: «è interessante osservare come questa chiesetta fosse stata adibita [per un certo periodo] a battistero: ancora una volta, dopo Galliano […], troviamo in terra canturina l’accostamento acqua e latte, i due elementi primordiali della vita spirituale e materiale».
La Madonna è affiancata da due Angeli per parte, dietro i quali sono stati riconosciuti scorci dell’antica Cantù e, alle estremità, il Buon Ladrone (a sinistra) e San Nicola da Tolentino (a destra). I riquadri sono sovrastati da lunette decorate alternando una conchiglia ad una testa cherubica; al centro, sopra la Madonna del latte, è raffigurato Dio Padre benedicente.
Sulle pareti si susseguono episodi della Vita della Beata Vergine e dell’Infanzia di Gesù: su quella sinistra, da sinistra si possono ammirare la Strage degli Innocenti, l’Adorazione dei pastori, la Natività, la Presentazione al Tempio; su quella destra, sempre da sinistra si riconoscono lo Sposalizio della Vergine, la Circoncisione e l’Adorazione dei Magi. Queste scene sono intervallate da finti pilastri sormontati da una trabeazione, sopra la quale vi sono lunette con Sibille e Profeti entro medaglioni. Un’iscrizione sul lato sinistro dell’arco che delimita l’abside documenta i probabili autori e la data di esecuzione degli affreschi: Giovanni Ambrogio da Vigevano e a Cristoforo Motti (1514), artisti ricordati solo per questo ciclo di affreschi, che – secondo Mauro Natale – hanno ispirato la loro opera al Bergognone e a Bernardo Zenale, ricorrendo liberamente anche alle incisioni di Raffaello e Durer. Sulla volta, decorata in azzurro e un tempo stellata, spicca un tondo raggiato come il sole che racchiude una raffigurazione della Madonna con il Bambino su una falce di luna.
Al centro dell’Oratorio è stato posto il fonte battesimale in marmi policromi.

Contatti
Parrocchia S. Paolo – Segreteria, via C. Annoni 3 Cantù; Tel. 031.701393; E-mail sanpaolo@cracantu.it;  Sito internet http://sanvincenzocantu.it/comunita-pastorale/parrocchie/san-paolo/
Comune di Cantù – Ufficio Cultura, Piazza Parini 4 Cantù; Tel. 031.717445; 031.717446; 031.717491; E-mail cultura@comune.cantu.co.it

Per saperne di più:
Sito della Comunità Pastorale “San Vincenzo” Cantù-Intimiano
Sito del Cammino di San Pietro

S. Della Torre (a cura), Il restauro della Madonnina di S. Paolo, Associazione Amici dei Musei della Città di Cantù e del suo Territorio, Cantù 2005.
G. A. Vergani, La porta che non porta. Porta Ferraia di San Paolo e il sistema urbano di Cantù nel Medioevo, Gruppo Arte e Cultura, Cantù 1998.

S. Teodoro

Chiesa di S. Teodoro

Informazioni
Collocazione: la chiesa di S. Teodoro prospetta sull’omonima piazza del sagrato, che si apre su un lato di via Eugenio Corbetta.
Accesso: si accede di preferenza dall’ingresso principale che dà sulla piazza; si può entrare però anche da quello secondario, posto sul fianco sinistro della chiesa, che dà su un passaggio tra la Piazza e via Volta. Un terzo ingresso è situato posteriormente all’edificio, tra l’abside destra e la cappella del Crocifisso, accessibile da via Volta attraversando uno spazio recintato sul retro dell’edificio.
Pavimentazione: la piazza antistante è in lastre di pietra, con al centro un’aiuola verde su cui sono stati posti alcuni reperti archeologici. La scalinata è lastricata in pietra, come pure il pianerottolo alla sommità.
Il passaggio che parte da via Volta e fiancheggia il lato sinistro della chiesa è porfidato.
Lo spazio recintato sul retro dell’edificio è lastricato in pietra.
La chiesa è pavimentata in cotto, tranne le absidi, in piastrelle, e la cappella del Crocifisso, in granigliato di marmo lucido.
Barriere architettoniche: precede la facciata della chiesa una scalinata con 8 gradini (corrimano su entrambi i lati) che porta ad un pianerottolo delimitato, sul lato anteriore, da una bassa ringhiera in ferro battuto retta da pilastrini in pietra. L’ingresso principale è preceduto da un basso gradino in pietra; c’è una bussola con apertura sui due lati.
L’accesso laterale sinistro presenta una bussola con apertura frontale. Nel passaggio che fiancheggia il lato sinistro della chiesa, al centro della carreggiata, sono posti all’inizio e alla fine due “panettoni” in cemento.
Per accedere allo spazio recintato sul retro dell’edificio occorre scendere due gradini; l’accesso posteriore destro presenta una bussola frontale.
All’interno dell’edificio, per raggiungere l’abside della navata centrale occorre salire 4 gradini; per accedere alle absidi di quelle laterali 2 gradini (in corrispondenza di quella destra è comunque presente uno scivolo); per la cappella del Crocifisso un gradino in pietra.
Servizi: parcheggi disponibili in zona (la piazza può essere usata come parcheggio solo in occasione delle funzioni religiose); bancomat in Via Corbetta; fermata degli autobus in via Alessandro Volta.
Svago e Ristorazione: bar e ristoranti in zona; negozi; Teatro Comunale San Teodoro in via Corbetta 7; giardino pubblico in via Dante (Parco Argenti).
Altre informazioni: la chiesa è normalmente aperta. Per gli orari di apertura, rivolgersi ai recapiti sotto indicati.

Descrizione

La chiesa di S. Teodoro è citata per la prima volta in un documento del 1207, ma secondo recenti studi, verosimilmente, la sua costruzione risalirebbe al XII secolo. In alcuni documenti compare con la doppia titolazione ai Ss. Bartolomeo e Teodoro.
In pieno periodo Controriformistico, a metà del secolo XVII, la chiesa è stata oggetto di interventi di riadattamento: in particolare vennero demolite le absidi laterali, sostituendole con due cappelle a pianta rettangolare, con il muro di fondo quasi allineato all’abside principale. Questa volontà di “barocchizzare” l’edificio si completò con l’intervento dell’ingegner Gerolamo Quadrio (allora capo della Fabbrica del Duomo di Milano e già impegnato a Cantù nel progetto della chiesa di S. Maria), che ridefinì le volte e i pilastri e verosimilmente rifece anche il campanile (ulteriormente rimaneggiato nel 1831 con l’aggiunta del dado ottagonale e della cupola a cipolla). Dalla seconda metà dell’Ottocento fu costruita sul lato destro la Cappella del Crocifisso; nei primi anni del secolo successivo, sotto la direzione dell’architetto Campanini, furono attuati una serie di interventi per riportare la chiesa all’aspetto originario, tra cui la ricostruzione delle due absidi laterali. Nel 2001-2003 su progetto e con la direzione dell’architetto Luigi Vaghi furono effettuati importanti lavori di restauro e consolidamento della chiesa.
La semplice facciata, che alterna grossi blocchi squadrati nella parte basale e delle lesene a ciottoli e mattoni in cotto, è dominata da un bel portale settecentesco in pietra arenaria grigio-gialla; nel fastigio è collocata un’immagine del vescovo Teodoro. L’interno presenta una struttura a tre navate delimitate da robusti pilastri quadrangolari. Le navate terminano con tre absidi, ma solo quella centrale sarebbe originaria. Della decorazione citata nel 1604 dal cardinale Federico Borromeo sono rimasti pochi resti, tra cui un San Giovanni Battista sul primo pilastro sinistro e la raffinata Madonna del latte, affresco oggi strappato e inserito in una cornice barocca lungo la navata sinistra. Lo storico dell’arte Mauro Natale lo attribuisce a Marco Lombardi, datandolo ai primi anni del Cinquecento e ravvisandovi richiami zenaliani e leonardeschi, mentre Maria Cristina Passoni suggerisce il nome di Giovanni Antonio da Cantù.
In una nicchia all’inizio della navata destra, decorata con un affresco del Battesimo di Gesù, è posto un settecentesco fonte battesimale in pietra.
Al termine della navata centrale si apre il presbiterio, delimitato da una bella balaustra in marmo con un elegante cancelletto in ferro battuto; l’altare maggiore, settecentesco, è in marmi policromi; sulla parete absidale campeggia un affresco con Il Crocifisso tra San Bartolomeo e San Teodoro, datato alla fine del Cinquecento.
L’altare sul fondo della navata sinistra è attualmente dedicato all’Immacolata Concezione, mentre quello al termine della navata destra è ora sovrastato da una pregevole statua lignea di Sant’Agata.
La cappella del Crocifisso accoglie un prezioso Crocifisso ligneo con capelli e spine vere, proveniente dalla demolita chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo; sotto la mensa dell’altare è presente una rappresentazione plastica delle Anime del Purgatorio.

Contatti
Parrocchia S. Teodoro – Segreteria, Piazza S. Teodoro 3 Cantù; Tel. 031.714570; E-mail segreteria.santeodoro@sanvincenzocantu.it; Sito internet http://sanvincenzocantu.it/comunita-pastorale/parrocchie/san-teodoro/
Comune di Cantù – Ufficio Cultura, Piazza Parini 4 Cantù; Tel. 031.717445; 031.717446; 031.717491; E-mail cultura@comune.cantu.co.it

Per saperne di più:
Sito della Comunità Pastorale “San Vincenzo” Cantù-Intimiano
Sito del Comune di Cantù
Sito Romanicomo
Sito del Cammino di San Pietro

L. Vaghi, La Basilica parrocchiale di San Teodoro in Cantù, Parrocchia S. Teodoro, Cantù 2011.
P. Frigerio, La parrocchia di san Teodoro in Cantù e le sue chiese, Parrocchia S. Teodoro, Cantù 1987.

S. Antonio

Chiesa di S. Antonio con hospitale*

Informazioni
Collocazione: la chiesa di S. Antonio si trova in via Daverio 21
Pavimentazione: la chiesa prospetta su un sagrato a forma rettangolare costeggiato sul lato lungo da via Daverio, con pavimentazione in ciottoli, bordato da una fascia lastricata in pietra. Sui due lati non occupati da edifici sono infissi una serie di paletti in ferro di circa 80 cm di altezza che reggono una catena sempre in ferro. Davanti al portone principale è presente un tondo semiraggiato pure in acciottolato policromo, con un monogramma recante al centro il Tau caratteristico dell’iconografia di Sant’Antonio e dell’antico ordine ospedaliero che al Santo faceva riferimento. I gradini di accesso sono in pietra; la pavimentazione dell’interno è in piastrelle di granigliato lucido.
Accesso: si accede dall’ingresso principale che dà sul sagrato; quello laterale è aperto solo in occasione delle celebrazioni per la festa del Santo a gennaio.
Barriere architettoniche: ci sono tre passaggi non delimitati dalla catena in corrispondenza degli angoli del sagrato. Si entra in chiesa dal portale principale scendendo tre gradini. L’area presbiteriale è rialzata da un gradino rispetto al piano della chiesa.
Servizi: parcheggi disponibili in zona; autobus ASF piazzale CAI
Svago e Ristorazione: bar, ristorante e pizzeria in zona; negozi e supermercati
Altre informazioni: la chiesa è normalmente aperta solo in occasione delle celebrazioni liturgiche. Per gli orari di apertura, rivolgersi ai recapiti sotto indicati.

Descrizione
Già citata nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero, S. Antonio sorgeva al di fuori delle mura, lungo il tracciato dell’antica Via Canturina che proveniva da Como e presso un corso d’acqua, la Roggia Maietto. La primitiva struttura dell’edificio sacro è riconducibile alla seconda metà del XII secolo; verosimilmente nel XIV secolo sarebbe stata poi aggiunta l’abside (che esternamente presenta un coronamento di arcatelle a sesto acuto in mattoni) e fatti interventi sulla facciata; notevoli sono stati anche i rimaneggiamenti barocchi.
La facciata a capanna asimmetrica, perché addossata ad un edificio sul lato destro, è aperta da un portale in cotto gotico delimitato superiormente da un arco a tutto sesto e da un altro più grande a sesto acuto, sovrapposti. Sopra il portale si apre un rosone pure gotico con bordo in cotto e, più in alto ancora, una finestrella cruciforme. Il campanile, posto nella parte posteriore destra della chiesa, viene fatto risalire al secolo XVIII.
L’interno, ad aula unica, è ad un livello più basso rispetto al piano della strada. Le pareti interne un tempo erano affrescate, ma pochi sono gli affreschi rimasti che si possono far risalire a periodi diversi, tra la fine del XIII e gli inizi del XV con apporti che vanno dal mondo bizantino alla pittura trecentesca lombarda.
In controfacciata, sulla destra, si trova una Madonna del latte, affresco devozionale di modesta fattura e di datazione incerta. La Madonna siede su uno scranno ligneo con schienale mistilineo, mentre il Bambino regge un oggetto identificato come una piccola mela, allusione al peccato originale redento con la sua morte.
Sulla parete destra si può notare, dal fondo, lacerti di affreschi raffiguranti una Madonna in trono con Bambino e Santa Caterina d’Alessandria (?) coronata ma priva della ruota e accanto un’Offerente; al di sopra, in una nicchia, è conservata una grande statua in arenaria di Sant’Antonio, in origine collocata in facciata, fatta risalire al secolo XIV.
Proseguendo lungo la parete, ai lati di una seconda nicchia che accoglie una statua policroma di San Rocco, si possono vedere a destra due Santi e a sinistra un’altra figura con piaghe, da alcuni identificata con San Lazzaro, patrono di malati infettivi e dei mendicanti.
A metà della parete sinistra si apre un ingresso laterale, sovrastato da una lunetta decorata con un’Annunciazione. A sinistra di questo ingresso è possibile ancora intravedere un lacerto che rappresenta il piatto di una bilancia sopra il quale è posta la personificazione di un’anima in attesa di essere soppesata, interpretato come probabile frammento di un San Michele arcangelo. Sulla destra dell’ingresso si può invece ammirare una figura identificata come San Giovanni Evangelista (?).
Il presbiterio è introdotto da un arco ogivale, al cui centro è appeso un Crocifisso ligneo; l’abside, di forma poligonale, è coperta da una volta gotica con costoloni in cotto. L’altare maggiore in pietra è sovrastato da una statua policroma tardo-gotica in legno di fico del Santo titolare.

Alla chiesa era annesso un hospitale con funzioni assistenziali di pellegrini e ammalati, i cui resti, con struttura a corte, sono addossati al lato meridionale. Gestito inizialmente dalla monache agostiniane e passato nel XV secolo ai canonici di Sant’Antonio di Vienne, di origine francese, nel XVII secolo divenne una dipendenza del monastero di S. Maria e vi furono traslate le ossa delle monache, come testimonia una lapide conservata in chiesa (1689). Dopo la sua chiusura, la struttura ha subito nel tempo variazioni d’uso; ora è stato frazionato in abitazioni private.
All’inizio del XXI secolo la dedicazione a Sant’Antonio abate è stata estesa all’attuale ospedale della città.

Contatti
Parrocchia S. Teodoro – Segreteria, Piazza S. Teodoro 3 Cantù; Tel. 031.714570; E-mail segreteria.santeodoro@sanvincenzocantu.it; Sito internet http://sanvincenzocantu.it/comunita-pastorale/parrocchie/san-teodoro/
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Sito Romanicomo
Sito del Cammino di San Pietro

Sant’Antonio di Cantù. Una chiesa il suo ospedale, Gruppo Arte e Cultura, Cantù 2003.