Tappa 2 – Dalla Prepositurale di S. Stefano alla chiesa di S. Francesco
Descrizione
Si consiglia di attraversare il sagrato della Prepositurale di S. Stefano parallelamente alla facciata della chiesa, uscendo in piano nell’asfaltata piazza adiacente, adibita a parcheggio, separata dal sagrato da quattro pilastrini in pietra alti circa 1 metro che reggono una catena in ferro, tenendosi sulla sinistra. Sulla sinistra infatti, accanto allo spigolo della chiesa, c’è un passaggio libero.
Si attraversa il parcheggio per circa 20 metri, si piega a destra e si costeggia l’uscita, giungendo all’imponente edificio porticato del mercato lungo circa 20 metri x 7 metri che occupa il lato orientale della piazza della chiesa (sinistro per chi guarda la chiesa), sopra un piccolo rialzo. Progettato nel 1819 dall’architetto Giuseppe Bovara in stile neoclassico, presenta sei arcate a tutto sesto (la settima è stata demolita) e frontoni con timpano e lesene sui lati corti. L’edificio conserva ancora lungo le pareti esterne gli anelli utilizzati un tempo per legare gli animali in occasione della fiera del bestiame che si teneva il 27 dicembre, giorno successivo alla festa patronale di Santo Stefano (Féra da San Stévénìn). In questo luogo oggi viene celebrato il simbolico processo alla Giubiana, durante la festa tradizionale che si tiene l’ultimo giovedì di gennaio.
Si gira a destra attraversando la strada (attenzione, non ci sono le strisce pedonali) e si imbocca via Risorgimento. Sul muro del numero civico 1, una targa posta nel 1947 dall’allora Partito Socialista Italiano ricorda: «In questa casa nel 1857 nacque Filippo Turati grande maestro del socialismo italiano». Si segue via Risorgimento per una decina di metri fino a incontrare, sulla propria destra, una fontana sormontata da un dipinto con Il commiato di San Miro da Canzo, di Walter Cremonini (1981). In questa zona sorgeva l’antico portico, il Cuèrc (che dà il nome alla contrada, appunto la Cuntrada dal Cuèrc), sede del consiglio degli anziani in epoca comunale. Qui San Miro avrebbe salutato la popolazione prima di ritirarsi in Alto Lago, esaudendo miracolosamente il desiderio dell’acqua in un periodo di siccità. Una lapide ricorda l’avvenimento.
Si attraversa via Risorgimento e si torna alla casa di Filippo Turati, proseguendo poi diritto in via Chiesa, che costeggia a est il parcheggio e il porticato sul lato lungo. La strada è pavimentata con cubetti in porfido e con una guida centrale in lastre dello stesso materiale. Si prosegue tenendo la destra (compatibilmente con le auto in sosta nel primo tratto); al numero civico 44 un bel portale in ghiandone con arco mistilineo immette in quella che, secondo una tradizione orale tramandata nella famiglia dell’ing. Mario Pellizzone di Canzo, è identificabile come la dimora di Nicolò Pelliccione, leggendaria figura di capitano di ventura del XVI secolo alleato del Medeghino. Si percorre tutta via Chiesa e ci si immette in via Teatro Vecchio, sempre pavimentata come la precedente. All’attuale numero civico 5 sorge lo stabile che un tempo era il vecchio teatro di Canzo, preceduto da uno slargo. Si piega a destra in via Mons. Giovanni Longoni, che si addentra tra le case a corte dell’antica Contrada di Casarco (Cuntrada da Casarch); sul lato destro, al numero civico 4 si apre l’ingresso alla Curt dei Masciadri in cui, su un muro, si può ammirare uno splendido affresco del secolo XVI della Madonna del Latte in trono, con a fianco San Miro, accompagnato dalla scritta «..SIO DIE 7 MADIE IOHANNES I». La corte è proprietà privata; per la visita, ci si può rivolgere alla Cumpagnia di Nost).
Dopo circa 70 metri dalla Corte dei Masciadri, sempre sul lato destro della via, si può osservare in una nicchia una fontanella in ghisa sormontata da un’antica targa, con il monito a non lordare l’acqua.
Dopo altri 40 metri si giunge in una piccola, deliziosa piazzetta nella località detta Cipilöö da Casarch, in cui nel 1998 la Cumpagnia di Nost ha realizzato una fontana,detta Spisareta, addossata al muro di una casa e accompagnata dalla scritta «Funtana cuntenta ciciareta cui gent ca se ferma (Fontana contenta chiacchierina con la gente che si ferma)». Sulla vasca in granito rosa è riportato a bassorilievo lo stemma dell’Associazione, con la sagoma di un forno per la fusione del ferro cosiddetto “ad alveare” per la sua particolare struttura. Si tratta di un omaggio all’antica arte della lavorazione del ferro (nel ‘400 Canzo era famosa per la produzione di armi e armature, grazie sulla potente famiglia dei Missaglia), di cui è rimasta traccia nelle molte aziende di Canzo impiegate nella lavorazione delle forbici e nelle industrie dello stampaggio a caldo dei metalli. Ai lati della fontana, due panche in pietra permettono una sosta; il muro alla sinistra, in pietra a vista, porta ancora una traccia di uno degli ingressi di quello che era l’antico nucleo fortificato di Canzo in epoca medioevale, con architrave monolitico in serizzo.
Sulla stessa piazzetta si affaccia la cappella della Madonna di Loreto, normalmente chiusa da una porta in ferro e vetro. A pianta ottagonale, l’ingresso (preceduto da due gradini) è sormontato da un affresco dell’Annunciazione; all’interno, sopra il piccolo altare, campeggia il dipinto della Madonna nera di Loreto. Si continua a seguire via Mons. Longoni: dopo circa 60 metri, sulla sinistra, al civico 37, si può vedere un interessante esempio di casa rurale con due belle balconate in legno, mentre il numero civico 39 corrisponde all’ultima stalla contadina del paese (nella Curt del Giuliett), chiusa nel 2008. Dopo altri 20 metri circa si sbuca in via Torretta e la si segue girando a destra: il nome di questa stretta strada ricorda l’antico nucleo fortificato medioevale di Canzo, collocato presumibilmente su quest’area. Al numero civico 15 si può osservare quello che si ipotizza esserne stato l’imponente ingresso, con due archi separati da spessi muri in pietra a vista; il primo, quello su via Torretta, presenta un architrave monolitico e stipiti con capitelli lavorati. Dopo circa 80 metri dall’inizio della via si gira a sinistra e ci si immette in via Pretorio, così chiamata perché qui sorgeva il Palazzo Pretorio, sede del pretore e delle carceri della Corte di Casale, giurisdizione amministrativa risalente all’inizio del secolo XV, all’epoca dei Visconti, che comprendeva i territori di Canzo (capoluogo), Caslino d’Erba, Castelmarte, Longone, Proserpio, Carella, Penzano e Mariaga. Nel 1472 la Corte di Casale fu concessa in feudo da Galeazzo Maria Sforza ai fratelli Antonio e Damiano Negroni detti I Missaglia, armaioli.
All’inizio di questa via, sul muro alla nostra sinistra, si può vedere un’edicola con un dipinto della Madonna di Caravaggio, mentre sulla destra, in una nicchia del muro di recinzione di una proprietà, si trova una fontana con vasca in granito realizzata dai Firlafurla, un gruppo di amici della vicina Osteria del Merican, il più antico locale tipico di Canzo. Al termine di via Pretorio si gira a sinistra in via Meda e dopo altri 70 metri si incontra sulla destra l’ingresso monumentale in ghiandone di Villa Meda (conosciuta anche come Le Stelline), fiancheggiato da due pilastrini in pietra di circa 40 centimetri di altezza. La villa è opera dell’architetto Simone Cantoni, che trasformò una casa di campagna nella residenza del conte Meda tra il 1795 e il 1804. L’edificio è stato poi utilizzato nel XX secolo come colonia estiva per le Stelline di Milano (l’istituto per orfanelle, corrispondente femminile dei Martinitt) e, durante la Seconda Guerra Mondiale, come caserma. Recentemente è stato restaurato e sono state ricavate abitazioni private e sale pubbliche, che ospitano alcune Associazioni di Canzo. Villa Meda e i suoi cortili sono spesso sede di manifestazioni e rassegne: la più celebre è la Biofera, organizzata dal 1987 nel secondo fine settimana di settembre dalla Cumpagnia di Nost (vedi Feste tradizionali).
Entrando dall’ingresso di via Meda, dopo circa 2 metri si oltrepassa un cancello in ferro battuto normalmente aperto a metà e si attraversa il portico lastricato che immette nel cortile principale, di circa 25 metri per 25, pavimentato in cubetti di porfido.
Si attraversa poi il cortile; al termine, sulla sinistra, uno scivolo lastricato largo circa 2,5 metri con tre bande centrali acciottolate porta, dopo circa 20 metri, superato un androne, ad un altro cortiletto interno, più piccolo, delimitato da un cancello di ferro battuto (aperto in genere negli orari di apertura della Biblioteca Comunale). Nel mezzo di questo cortiletto acciottolato è stata posta una vasca monolitica, recuperata nell’orto di quello che probabilmente era un antico monastero attiguo alla villa. Di questo complesso si può ancora osservare, dal parcheggio oltre la Ravella, la struttura della limonaia con le due spalle inclinate e alcune tracce nella cantina dell’adiacente costruzione. Dal cortiletto si accede (superando cinque gradini) a quella che un tempo doveva essere la cappella della villa, rimasta incompiuta, impropriamente chiamata Battistero per la sua pianta circolare; nello stesso cortiletto, sulla destra, si apre l’ingresso alla Biblioteca Comunale di Canzo.
Si torna sui propri passi fino al cortile principale, si gira a sinistra, si attraversa il passaggio ad arco e si esce nel parco della villa che ha mantenuto, sul lato sinistro, un ninfeo con due nicchie, attualmente recintato e non accessibile a causa del suo precario stato di conservazione. Si attraversa il parco seguendo il vialetto in cubetti di porfido e superando il grazioso ponte sul torrente Ravella, con spalle in pietra alte circa 1 metro, delimitato su entrambe le sponde da elementi decorativi sempre in pietra (attenzione alla barriera in ferro alta circa un metro posta in mezzo al passaggio in corrispondenza della seconda sponda per impedire il transito veicolare). Si attraversa quindi l’area a parcheggio che costeggia la sponda sinistra della Ravella; dopo una decina di metri dalla fine del ponte, con una piccola deviazione di circa 20 metri sulla destra, si può raggiungere una fontana addossata all’antico muro di cinta della villa, poggiata su un basso gradone di circa 2 metri x 3 in acciottolato; realizzata nel 1994 dal locale Gruppo Alpini, vi sgorga l’acqua della sorgente di Gajum intubata e trasportata fin qui. La sua vasca in ghiandone, recuperata nell’alveo della Ravella, porta sul fronte la ruota solare con otto bracci e la data 1640.
Tornando sui propri passi si finisce di attraversare l’area a parcheggio sul tratto porfidato, oltrepassando due elementi decorativi in pietra a forma di pilastrino alti circa 3 metri; si piega poi leggermente a sinistra e si esce dall’accesso pedonale largo 90 centimetri e protetto da un cancelletto in ferro, che si apre nei resti dell’antico muro di recinzione in pietra a vista del parco della villa, facendo attenzione ad una piccola soglia. Sulla sinistra di questo accesso, una monumentale edicola ad arco con colonne laterali e una panca sottostante lascia ancora intravedere tracce di un affresco a carattere profano.
Si sbuca in Piazza San Francesco, detta Piazèta da San Mirett, pavimentata con cubetti in porfido e fasce lastricate in pietra che descrivono cerchi concentrici; qui si tiene tradizionalmente la festa con l’albero della Cuccagna. Girando a destra, in un vano delle mura di Villa Meda, evidenziato da un architrave e dalle due spalle in ghiandone, si trova un’altra fontana. Di fronte si apre con un ampio ingresso ad arco a tutto sesto la Curt di Pinòla, di cui si può ancora osservare il caratteristico loggiato seicentesco in legno. Si attraversa la piazza voltando a sinistra e si salgono i 10 gradini acciottolati che portano all’ampio sagrato (con pavimentazione che riprende il motivo a cerchi concentrici della piazza) della chiesa di S. Francesco, detta anche Gésa da San Mirètt, dal nome del Santo locale, utilizzando il diminutivo per distinguerla da quella propriamente di San Mir (il Santuario). Inizialmente intitolata alla Madonna, la chiesa faceva parte di un convento francescano di origini trecentesche; fu restaurata e ampliata presumibilmente nella prima metà del Settecento. Dopo la soppressione del convento, la struttura attigua fu usata nei due secoli successivi prima come Ospedale, poi come Casa di riposo e quindi come magazzino. Alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso furono intrapresi lavori di restauro e di rifacimento conservativo della chiesa e dell’annessa struttura, che oggi prosegue la sua funzione spirituale quale Oasi monastica secondo la volontà della Curia Arcivescovile di Milano.
Informazioni
Località di partenza Canzo, chiesa prepositurale di S. Stefano
Località di arrivo Canzo, chiesa di S. Francesco
Tipologia del percorso urbano
Lunghezza totale 950 m circa
Tempo di percorrenza (a piedi) 15 min
Difficoltà Turistica
Dislivello in salita 10 m
Quota massima 415 m
Pavimentazione asfalto, lastricato in pietra, cubetti di porfido
Mezzi pubblici per raggiungere il punto di partenza: autobus (vedi sito bus di linea)
Mezzi pubblici dal punto di arrivo –
Parcheggi presso il punto di partenza sì