s. nicola di casnedo

Chiesa di S. Nicola a Casnedo

Informazioni
Collocazione: la chiesa prospetta su una piazzetta/sagrato
Pavimentazione: acciottolato
Barriere architettoniche: si accede al sagrato da 10 gradini; alla chiesa da 2 gradini
Accesso: la chiesa è normalmente chiusa, eccetto per le funzioni religiose
Servizi: parcheggi disponibili in zona
Svago e Ristorazione: –

Descrizione
(Silvia Fasana)

La chiesa di S. Nicola di Casnedo, un tempo dedicata anche a San Carlo, sorge sul luogo di un oratorio gentilizio di patronato della famiglia Perti (proprietaria della villa adiacente), intitolato al santo milanese. La dedicazione a San Nicola risale all’uso della piccola comunità di assistere alle funzioni nella cappella a lui dedicata, situata nell’antico monastero dell’Assunta a Cernobbio, soppresso nel 1784. La costruzione risale presumibilmente alla fine del Settecento-inizio dell’Ottocento; nel 2001 ha subito un importante restauro conservativo. La facciata, rettangolare, ha forme arrotondate di ispirazione tipicamente barocca. Coronata da un semplice timpano, aperta da una finestra centrale rettangolare e da un elegante portale di ingresso, è tutta giocata sul contrasto fra le modanature e le cornici in pietra grigia e l’intonaco di un intenso color senape. L’interno è a una sola navata, con due altari laterali. Gli arredi provengono in parte dal precedente oratorio e in parte dal monastero cluniacense. Da quest’ultimo provengono il bel dipinto secentesco collocato sulla parete sinistra della navata raffigurante l’Assunta, attribuito all’ambito del pittore di origine cremasca Gian Giacomo Barbelli, oltre alla settecentesca Via Crucis con cornici in legno dorato.
Al precedente oratorio apparteneva invece l’attuale pala d’altare raffigurante l’Addoloratacon i Santi CarloNicola e Antonio da Padova, databile alla prima metà del Settecento e probabilmente anche il pregevole altare maggiore settecentesco in marmi policromi. Ai lati dell’altare, nella parete absidale, si possono vedere due finestre con grata in ferro battuto, timpano e balaustre marmoree; probabilmente da qui i signori Perti assistevano alle celebrazioni.
L’altare di sinistra ha un’ancona in legno dorato con una pala, copia del Battesimo di Gesù di Gaudenzio Ferrari; nella predella sono raffigurati Gesù Bambino e S. Giovannino.
L’altare di destra invece ha un’ancona lignea, databile alla metà del XVII secolo, che racchiude una statua della Madonna.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino Tel. 031.511487

Ex Mulino

Ex mulino

Informazioni
Collocazione: sulla destra idrografica del torrente che sgorga dal Buco della Volpe, una cavità carsica del monte Bisbino che si apre sotto la località Madrona
Pavimentazione: l’edificio dell’ex mulino è circondato da balze erbose delimitate da terrazzamenti con muretti a secco
Accesso: l’edificio è proprietà privata, per cui non vi si accede
Servizi: –
Svago e Ristorazione: –

Descrizione
(Silvia Fasana)

Il fabbricato, in pietra locale a vista, è diviso in due porzioni, una più ampia sulla sinistra e una più ristretta sulla destra, dove verosimilmente alloggiava la macina azionata dalle acque del torrente, impiegata per macinare frumento, granoturco e castagne. A questo proposito ricordava l’erudito comasco Paolo Giovio nella sua opera Paulii Iovii Descriptio Larii Lacus, redatta nel 1537 e pubblicata a Venezia nel 1559: «Poco sopra Cernobbio sulle dolci falde dell’altissimo monte Bisbino, si vedono Piazza, Rovenna, Toldino, che godono di messi scarse ma di eccellente qualità di grano». E ancora nel 1795 scriveva Giambattista Giovio nella sua opera Como e il Lario: «Vi si raccoglie frumento di grani sì belli e grossi, che volentieri cuocesi in minestra alla foggia del farre e dell’orzo».

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

Villa Erba

Villa Erba

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2 , ma lo si può ammirare da un punto panoramico di via Colonna

Collocazione: l’ingresso di Villa Erba si trova lungo la via Regina di fronte al municipio
Pavimentazione (dell’accesso): lastroni in pietra
Barriere architettoniche: nessuna
Accesso: Villa Erba è un centro congressuale prestigioso, accessibile solo in occasione di manifestazioni o di visite guidate organizzate
Servizi: parcheggi (liberi/a pagamento) disponibili in zona, municipio, farmacia, posta
Svago e Ristorazione: bar, negozi. All’interno della Villa è collocato il museo “Le stanze di Luchino Visconti” dedicato al ricordo dell’illustre regista, che in questa splendida villa ebbe una delle residenze preferite

Descrizione
(Silvia Fasana)

La villa, di lussuoso gusto manierista, è un articolato complesso composto da casa padronale a pianta quadrata, abitazioni di servizio, foresteria, serre, darsena e scuderie. Luigi Erba, musicista e collezionista milanese, fratello di Carlo Erba titolare dell’omonima casa farmaceutica, acquistò la proprietà dei Cima della Scala e commissionò la costruzione della dimora agli architetti Gian Battista Borsani e Angelo Savoldi i quali presero spunti dallo stile dell’architetto cinquecentesco Galeazzo Alessi. La villa, costruita alla fine del XIX secolo, ha l’ingresso principale e i locali più importanti verso il lago. Tipici dell’epoca sono la torretta panoramica e il portico d’accesso che si ritrova, anche se in proporzioni diverse, sulle aperture laterali. Gli interni furono decorati da Angelo Lorenzoli con affreschi di Ernesto Fontana. Le decorazioni comprendono fregi, stucchi, gesso dorato, pavimenti in ceramica e in legno esotico e l’utilizzo di opere d’arte antiche incorporate nelle pareti e sui soffitti. Uno scalone raccorda il pianterreno al primo piano, dove si trovano le camere. Alla morte di Anna Brivio, moglie di Luigi Erba, la villa passò alla figlia Carla, moglie del conte Giuseppe Visconti di Modrone. Uno dei figli di Carla, il celebre regista cinematografico Luchino Visconti (1906-1976) amava trascorrere qui le vacanze estive.
Nel 1986 un Consorzio pubblico acquistò da due degli eredi gran parte della proprietà per creare un polo espositivo-congressuale e, su progetto dell’architetto Mario Bellini, nel parco sono stati costruiti dei padiglioni ispirati alle serre. Villa Erba ha raggiunto la sua massima importanza con la conferenza europea del 2003 dedicata all’E-Government. In quell’occasione tutto il parco e i padiglioni espositivi sono stati cablati: questo importante evento ha rappresentato un balzo in avanti per Villa Erba che si propone come sede ideale per importanti manifestazioni. All’interno della Villa è stato inaugurato nel 2005 il Museo “Le Stanze di Luchino Visconti”: un centro di documentazione aperto al pubblico in cui si svelano gli ambienti dedicati al legame tra il celebre regista e Villa Erba. Il Museo è nato nell’ambito di una importante opera di valorizzazione storico architettonica avviata nel gennaio 2003 e realizzata con finanziamenti pubblici.
Un ampio parco completamente pianeggiante fiancheggia la villa, con numerosi esemplari di pregio evidenziati da un percorso botanico. Il parterre antistante la villa è animato da annosi bossi rigorosamente potati a sfera, che con le loro geometrie verdi costituiscono un ideale elemento di raccordo tra l’edificio e lo specchio d’acqua antistante.

(tratto da Chiese, ville e giardini, Città di Cernobbio)

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

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Asilo Bernasconi

La Cittadella della seta

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2, ma lo si può ammirare da un punto panoramico di via Colonna

Collocazione: la “Cittadella della seta” è compresa approssimativamente tra piazza Mazzini ed il torrente Breggia a monte della attuale via Regina (SS.340)
Pavimentazione: asfalto, mattonelle
Barriere architettoniche: la via privata Bernasconi entrando da via Cinque Giornate è sbarrata al centro e sul lato destro da due cancelli in ferro battuto sempre chiusi; l’entrata è consentita dal cancello sul lato sinistro sempre aperto (attenzione però al paletto posizionato nel mezzo del passaggio). Dopo circa 100 metri si incontra una barriera mobile che può essere oltrepassata sulla sinistra facendo attenzione ai due paletti posizionati uno due metri prima della barriera e l’altro dopo 50 centimetri
Accesso: il percorso 1 permette di accedere alla “cittadella della seta” da via Aquileia
Servizi: parcheggi disponibili in zona, municipio, farmacia, posta
Svago e Ristorazione: bar, negozi

Descrizione
(Silvia Fasana)

Cernobbio vanta un’importante tradizione legata all’industria serica, con tutte le carte in regola per offrire un moderno percorso culturale di recupero delle tradizioni,di valorizzazione della storia del territorio, di qualificazione dell’offerta turistico-culturale. Sull’area prospiciente a Villa Erba sorgeva il complesso delle strutture legate all’industria serica di proprietà dell’ingegnere di origine milanese Davide Bernasconi, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Al centro dell’area sono le due ville del Bernasconi, una attualmente sede del Municipio e l’altra, in raffinato stile Liberty, a prestigiosa sede espositiva; attorno erano i capannoni della tessitura, di due tintorie, oltre agli alloggi per i dipendenti, fatti realizzare secondo l’ideale di assistenzialismo borghese diffuso all’epoca. In quest’ottica fu costruito nel 1881 anche l’ “Asilo Infantile Bernasconi”, dalla “Società di Mutuo Soccorso”, con il generoso contributo di benefattori privati tra cui lo stesso Bernasconi, un edificio “modello”, rispondente ai più avanzati criteri funzionali e igienici per l’epoca.
Questo nucleo urbanistico legato alle attività produttive, fino gli anni ’50 dello scorso secolo, costituiva un mondo ben separato dalla parte della Cernobbio turistica, quasi due anime dello stesso paese. Oggi quest’area costituisce l’unico sito di archeologia industriale tessile del comasco, di grande interesse.

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

abitazione rurale

L’abitazione rurale

Descrizione
«La maggior parte delle case contadine aveva la corte (curt o l’èra), cioè un ampio cortile dove venivano svolte le attività comuni e sul quale davano gli ingressi dell’abitazione e della cascina; c’erano anche dei porticati (pòrtich) che nei periodi invernali venivano adibiti a spazio per lavori manuali.
La casa era su più piani e per accedere da uno all’altro si utilizzavano delle scale esterne, intramezzate da ballatoi con parapetti in legno (lòbia); sotto di esse generalmente trovava posto la legna. A pianterreno, la zona più fresca, si apriva una piccola cantina (cantinìn) in sasso, dal soffitto a botte, usata per la conservazione, oltre che del vino, dei prodotti caseari e di qualche taglio di carne. Ai piani alti si trovava un locale arieggiato, asciutto, detto granaio (granée), che serviva per conservare i prodotti del raccolto, soprattutto grano e granaglie (panìch), noci, salumi. Un locale apposito era riservato all’allevamento del baco da seta.
L’abitazione consisteva in pochi locali: una cucina (cüsina) molto grande, che rappresentava il centro della vita domestica, e le camere da letto (stanz). Il gabinetto, un casottino con al centro un semplice foro in terra a pozzo perdente (letrina), era esterno.
Contigua o separata dalla casa d’abitazione, la cascina constava di due ambienti, al piano inferiore la stalla per il ricovero del bestiame, al piano superiore il fienile per la conservazione del foraggio che spesso veniva prelevato per caduta attraverso una botola in legno.
La stalla (stala) variava di dimensioni a seconda della quantità e della varietà di capi posseduti; frequentemente vi convivevano animali di specie diverse allevati per uso familiare. Era bassa, pavimentata in terra battuta o in ciottoli (risciàda), con una mangiatoia in legno (parzéf) su uno o due muri perimetrali; i locali più grandi erano divisi in due da un passaggio munito ai lati di canaletti di scolo per lo scarico organico del bestiame. In una stalla di circa cinquanta metri quadrati potevano stare dieci mucche.
Il fienile (cassina) era alto anche fino a sei metri, talvolta separato verticalmente da un divisorio in travi. Vi si accatastavano in una parte delle piccole fascine (cruségn) fatte con i getti del ceppo del castagno (zémbul), che insieme con il fieno costituivano il nutrimento invernale del bestiame, e le foglie, prevalentemente di faggio e felce (föia), che servivano a formare il giaciglio per le mucche (stram o lécc’); nell’altra il fieno (fén), il cui mucchio poteva raggiungere anche i quattro metri d’altezza».

(Da Testimonianze di vita contadina in Rovenna, Cernobbio 1998)

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

streghe

Fiere e rassegne

Descrizione

Tra le corti del centro di Rovenna, da diversi anni il Gruppo Sportivo Rovennese, in collaborazione con il Comune, verso la fine di settembre-inizio di ottobre organizza larassegna “Castagne, streghe e… dintorni”. Si tratta di una serie di eventi che interessano non solo la frazione, ma anche l’intera città di Cernobbio, coinvolgendo le diverse realtà istituzionali, culturali ed economiche, rivolti a tutte le fasce di età, sul tema delle castagne e delle streghe. Un omaggio alle castagne, non solo come tipico frutto autunnale, ma anche preziosa risorsa nel passato per le popolazioni di montagna, soprattutto durante i periodi di guerra e carestia. La peculiarità di questa manifestazione è l’accostamento di tale frutto al mondo magico e fantastico delle streghe (nomignolo tradizionalmente dato agli abitanti di Rovenna), non rappresentate come anime malvage di cui avere paura, ma come donne depositarie di una sapienza antica, che trae dalla natura la sua forza, in grado di giovare agli altri con le loro “ricette” magiche. Passeggiate a tema, spettacoli musicali e teatrali, incontri, animazioni per bambini, momenti gastronomici e mercatini di prodotti alimentari e artigianali tipici del territorio, ambientate nella scenografica cornice delle corti, messe a disposizione dalla popolazione che partecipa in modo attivo e creativo all’allestimento delle vie del paese.
Accanto a questa manifestazione si ricorda anche l’ormai centenaria “Fiera del bestiame e delle merci” che si svolge verso la fine del mese di ottobre, talvolta in concomitanza con la più recente “Mostra della zucca del Basso Lario”, curata dall’Associazione Pro Rovenna con l’intento di valorizzare le tradizioni della nostra terra, in cui sono esposti pezzi di tutte le forme e dimensioni provenienti da ogni parte della Lombardia e perfino dal Canton Ticino.

Contatti
Gruppo Sportivo Rovennese gsrovennese@virgilio.it
Associazione Pro Rovenna gianpiero.guarisco@hotmail.it
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

Madonna del Bisbino

La Madonna del Bisbino

Descrizione
(Silvia Fasana)

È frequente imbattersi per le vie di Rovenna, ma anche di Cernobbio, in edicole che recano un’effige della Beata Vergine del Bisbino, molto venerata dalle popolazioni locali nel santuario a lei dedicato sulla sommità del monte.L’origine di questo santuario si perde nella leggenda. Vuole la tradizione che fino al XIV secolo la vetta di questo monte fosse acuminata; i pastori ne avrebbero spianato la sommità, impiegando la roccia ricavata per realizzare un piazzale e costruire una cappella dedicata alla Madonna, usata anche come riparo dagli orsi e dalle intemperie. Il primo documento che attesta la presenza di una chiesa sulla cima del monte è un atto di vendita datato 26 luglio 1368. Ma la celebrità del luogo risale al 1630: in quell’anno la peste colpì pesantemente anche il nostro territorio. Il 20 maggio la comunità di Rovenna, guidata dal parroco, si recò in processione alla Madonna del Bisbino, facendo voto, se fosse stata preservata dal contagio, di ripetere il pellegrinaggio ogni primo mercoledì del mese per un anno intero. Anche Sagno fece lo stesso, e pure il vescovo di Como, Lazzaro Carafino. Le comunità uscirono salve dall’epidemia e la popolarità della chiesa crebbe notevolmente, i pellegrini diventavano sempre più numerosi.
Nelle numerose raffigurazioni devozionali presenti nelle cappellette della zona la Madonna del Bisbino non è sempre rappresentata nello stesso modo. A volte è raffigurata in piedi, con il Bambino in braccio, come nella grande statua marmorea presente sull’altare maggiore già al tempo del vescovo di Como Feliciano Ninguarda (1592) e riportata nella sua sede originaria solo nel 1933. Scrive a proposito di questo simulacro don Callisto Grandi nel suo opuscolo del 1898 La Beata Vergine del Bisbino ed il suo Santuario: «lo si ritiene recato quassù, senza che esistesse strada di sorta, con grandissimi stenti da quella fede, che sa trasportare le montagne, in tempi guerreschi, od in tempi di lite o d’eresia per sottrarlo o alla rapina, o alla profanazione. […] Alcuni vorrebbero che sul monte stesso si sia trovato prodigiosamente il blocco di marmo bianco, il quale sia stato lassù lavorato da esperto scultore per aderire alle preci dei buoni pastori, che alpeggiavano sul Bisbino; e le leggende narrano che lo scultore, perseguitato dall’umana giustizia, andasse vagando per questi monti, onde scampare dalle gravi pene meritate col commettere gravi delitti. Vuolsi che quassù sì convertisse, si santificasse ed ottenesse venia di sue colpe. Noi più verosimilmente riteniamo che la nostra bella statua sia opera di qualcuno dei bravi scultori che lavoravano in sul principiare del secolo XV nella costruzione del Duomo di Como, ove trovavano lavoro pure moltissimi uomini di Rovenna espertissimi nell’arte muraria e nella stuccatura».
L’altra raffigurazione della Madonna la vede seduta, con il Bambino sul ginocchio sinistro, come nel piccolo simulacro ligneo ora conservato nello spazio retroaltare, e già presente in Santuario nella seconda metà del secolo XVIII. Questa statua è stata venerata sull’altare maggiore quale immagine miracolosa per tutto il XIX secolo fino al 1933, diventando il simbolo del santuario stesso. Scrive sempre don Grandi: «Tutto fa supporre che questo simulacro sia stato lavorato sul Bisbino da qualche pastore […] e che rozzamente compì il lavoro, mentre custodiva il gregge, ed una vecchia tradizione avvalora questo presupposto».Secondo la tradizione popolare questo simulacro proverrebbe infatti dal sottostante alpeggio detto Boeucc. La raffigurazione di questa statua è quella più frequente nei numerosi ex-voto conservati nel santuario, preziosa testimonianza della grande devozione popolare. Storie in cui l’ordinario e lo straordinario si intrecciano, da cui emerge la profonda gratitudine alla Madonna del Bisbino, sempre accanto all’uomo di ieri e di oggi nei pericoli e nelle difficoltà.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino, Tel. 031.511487

Cappella dell'Ossario

Cappella dell’Ossario

Informazioni
Collocazione: al margine nord-occidentale del sagrato della chiesa parrocchiale di S. Michele a Rovenna, in fregio a via Umberto I.
Pavimentazione: in corrispondenza della cappella, via Umberto I è pavimentata con cubetti in pietra; il sagrato è in mattonelle di cemento.
Barriere architettoniche: per accedere al sagrato da via Umberto I si deve superare una bassa soglia di 5 centimetri.
Accesso: è possibile vedere all’interno della cappella dall’apertura ad arco protetta da una grata sul fronte
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat in via IV Novembre
Svago e Ristorazione: bar in zona

Descrizione
(Silvia Fasana)

La Cappella dell’ossario è un piccolo edificio settecentesco che spicca al margine nord-occidentale del sagrato della chiesa parrocchiale per il suo colore candido; a pianta approssimativamente quadrata, è chiuso da una lanterna cieca cilindrica, sormontata da un tetto conico a piode che culmina in una croce in ferro. Sul fianco destro (guardando la facciata), quello in fregio a via Umberto I, è presente un arco cieco, risultato della chiusura di una precedente apertura (rimane una bassa soglia di 8 centimetri di altezza e parte delle due spalle in granito con i punti di innesto di una balaustrata scomparsa), con riportata nella parte superiore la scritta «Ciò che tu sei io fui. Ciò che ora sono tu sarai», invito a riflettere sulla caducità delle cose. Nella parte frontale della cappella, un’apertura ad arco protetta da una grata permette di vedere all’interno il semplice altare, sormontato dall’urna con le reliquie di San Candido, deposte qui nella seconda metà del secolo scorso, insieme con i resti di esumazioni. Tra questi «si celano dal 1797, le ossa di una “persona assai benemerita al popolo per carità”, per lungo tempo ritenute miracolose», come scrivono Irene Fossati e Vittorio Daviddi nel volume Cernobbio “picciola terra”. Una pergamena ritrovata nel corso del restauro del 2011 e citata da Benvenuto Barelli in un pieghevole redatto per l’occasione, ha portato a scoprire che il 19 marzo 1800, per volere dei nipoti, nell’ossario di Rovenna furono deposti i resti di Abbondio Gelodi, morto il 5 gennaio 1797, provenienti dal sepolcro dei Padri dell’Ordine dei Minimi nella chiesa di S. Maria del Gerbo a Como, chiesa dell’ex monastero agostiniano dell’Ascensione (ora chiesa della SS. Trinità del Centro Pastorale “Cardinal Ferrari” di Como).
Una bassa soglia di 8 centimetri alla base del muro al di sotto dell’apertura ad arco permette di inginocchiarsi in preghiera.
Nel 1915, in ottemperanza al nuovo regolamento di polizia mortuaria che prevedeva il trasferimento degli ossari all’interno dei cimiteri, in luoghi comunque non esposti alla vista, l’allora Amministrazione Comunale provò a deliberarne lo spostamento, ma una vasta protesta popolare, con raccolta di firme, fece desistere l’Amministrazione, anche su invito del Prefetto, che si limitò a restaurare l’antico ossario.
L’ossario è stato accuratamente restaurato nel 2011 per volere di Ercolina Riva Binda, nata a Rovenna, in occasione del suo centesimo compleanno.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino, Tel. 031.511487

Croce di Rovenna

Croce di Rovenna

Informazioni

Collocazione: fino alla seconda metà dell’Ottocento la preziosa “Croce di Rovenna” era collocata sulla colonna in granito con capitello in stile tuscanico che sorge accanto al muro che delimita ad ovest il sagrato della chiesa parrocchiale di S. Michele, in fronte alla facciata. Ora è stata riposta in un luogo più sicuro.
Pavimentazione: il sagrato è in mattonelle di cemento
Barriere architettoniche: la colonna, alta circa 1,5 metri, è posta su un basamento a forma di parallelepipedo alto 60 centimetri, a sua volta collocato su un gradino di 15 centimetri circa.
Sempre sul lato ovest del sagrato, prima della colonna ci sono due aiuole semicircolari, delimitare da cordoli di 10 centimetri, piantumate con alberi e arbusti e intervallate da due panchine in cemento granigliato.
Accesso: –
Servizi: parcheggi disponibili in zona
Svago e Ristorazione: bar in zona

Descrizione
(Silvia Fasana)

La “Croce di Rovenna” è una preziosa croce in rame dorato fatta risalire all’XI-XII secolo. Al termine dei tre bracci porta incastonati tre cristalli di rocca. Così la descrive Stefania Clerici nel libro Rovenna …oggi: «La figura di Gesù, nonostante la morte già avvenuta, è caratterizzata da un viso sereno ed è simmetrica ed eretta, come se fosse ancora viva nella posizione del Cristo trionfante altomedievale. Le gambe sono semplificate e rigide, il corpo sottile, con mani dalle dita lunghissime, spie di arcaicità, che accostano questa composizione a quelle carolingie ed ottoniane. Tuttavia le suggestioni sullo stile della croce rovennate provengono anche da oriente: la doratura, la ieraticità e la frontalità della figura così solenne sono tutte caratteristiche mediate dall’arte bizantina». Non si conosce quando fu fissata sulla cima della colonna antistante la facciata della chiesa di S. Michele, ma sicuramente rimase lassù fino a quando, nel 1861, mons. Vincenzo Barelli, canonico del duomo di Como e appassionato di antichità, la vide e ne comprese il valore, consigliando di conservarla all’interno della chiesa stessa. Dapprima venne posta sul tabernacolo della cappella destra, poi, restaurata, in luogo ancora più sicuro. Nel corso della visita a Como di Giovanni Paolo II, nel maggio 1996, questa croce fu posta sull’altare allestito a Lazzago dove il papa celebrò la S. Messa, e una copia, riprodotta in scala minore fu donata al pontefice come ricordo, quasi a simboleggiare la bellezza della fede delle genti comasche nei secoli. È considerata dagli studiosi d’arte un oggetto di grande rilevanza artistica e storica. Nel 2005 è stata inserita nel nuovo stemma e nel gonfalone della Provincia di Como. Una riproduzione più piccola è conservata in chiesa, in un quadro esposto in controfacciata.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino, Tel. 031.511487

Chiesa di S. Michele

Chiesa di S. Michele a Rovenna

Informazioni

Collocazione: la chiesa prospetta su un ampio sagrato, che ne precede anche il fianco sinistro, all’incrocio tra la fine di via della Libertà e l’inizio di via Umberto I.
Pavimentazione: il sagrato è in mattonelle di cemento
Barriere architettoniche: si accede normalmente alla chiesa dalla porta in metallo a due ante (quella destra è in genere aperta) sul lato sinistro dell’edificio, realizzata nel 1982, a ricordo del venticinquesimo di sacerdozio e del quindicesimo di parrocchia di don Giorgio Pusterla; lo spazio disponibile per il passaggio è di 45 centimetri. Si accede quindi ad un piccolo atrio di circa 2 metri x 1, con pavimentazione in lastre di pietra di Moltrasio, attraversato il quale c’è una porta in legno a doppia anta, larga 60 x 2 centimetri che si apre verso l’esterno. Si deve superare anche una bassa soglia di 1 centimetro.
Accesso: normalmente si accede dalla porta laterale sul lato sinistro. Il portone principale sulla facciata della chiesa, preceduto da due gradini, è generalmente chiuso tranne che in occasione delle celebrazioni più importanti.
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat in via IV Novembre
Svago e Ristorazione: bar in zona

Descrizione
(Silvia Fasana)

La chiesa di S. Michele a Rovenna, già esistente nel Medioevo, fu rifatta attorno al 1670 in stile barocco, mentre era parroco Carlo Perti Bonini e poi il nipote Defendente Perti. La facciata molto semplice, a capanna, fu ridisegnata nel 1856 dall’ingegnere Antonio Amadeo; l’unico ornamento è l’imponente portale in pietra secentesco proveniente dal soppresso convento di S. Marco in Borgovico: vuole la tradizione che ci sarebbero voluti ben quattordici buoi per trasportarlo da Como a Rovenna. Le statue laterali, poste entro nicchie, raffiguranti a sinistra di chi guarda l’arcangelo San Michele che schiaccia il diavolo e tiene in mano una bilancia, a destra l’arcangelo Raffaele con Tobia (da alcuni autori è indicato come l’angelo custode), sono attribuite allo scultore ticinese Cristoforo De Rossi. L’interno è a navata unica, coperta da una volta a botte, con quattro cappelle laterali; le più antiche sono quelle accanto al presbiterio, mentre le altre, più piccole, furono verosimilmente ricavate nella prima metà del ‘700. Il pavimento è in lastre di pietra di Moltrasio (1872). Sulla sinistra del portone principale (guardando l’altare), in controfacciata, una lapide ricorda la consacrazione della chiesa da parte del vescovo di Como Giambattista Mugiasca il 29 settembre 1785 e un quadro racchiude una riproduzione della preziosa “Croce di Rovenna”, in ricordo della visita di Giovani Paolo II a Como del 1996.
La prima cappella di sinistra ha un altare sovrastato da un mosaico raffigurante la Madonna del Bisbino (qui raffigurata in piedi, come la statua marmorea ora conservata sull’altare maggiore del Santuario), attribuito al pittore Filippo Andina (1853). Segue la cappella della Madonna del Rosario, con un altare in marmo e stucco, opera del grande scultore barocco Giovanni Battista Barberini di Laino. Nella nicchia al centro dell’ancona è collocata una statua secentesca della Madonna del Rosario, contornata da quindici ovali raffiguranti iMisteri del Rosario. Il paliotto in scagliola porta al centro una raffigurazione della Madonna con il Bambino. Ai lati dell’altare due nicchie accolgono due statue attribuite anch’esse al Barberini: San Giorgio che uccide il drago e un Santo militare, forse San Fermo o San Vittore. Alla parete sinistra spicca una tela con la Madonna con il Bambino e Santi, ascritta all’ambito della pittura emiliana secentesca. Da questa cappella si accede all’Oratorio della Confraternita del SS. Sacramento, ora cappella invernale, fatto costruire con le rimesse inviate dai rovennesi emigranti a Bologna (dove tra l’altro visse ed lavorò nel Seicento anche il pittore Michelangelo Colonna).
La chiesa è dominata dalla splendida ancona lignea dell’altare maggiore, intagliata e dorata, opera di Andrea Redaelli di Como e di Paolo Felice Cassina di Cernobbio su disegno del Barberini (1692). È alta «6,5 metri, lunga 3,60 e profonda 1,60». Ai lati ci sono le statue sulla sinistra dell’arcangelo Michele e sulla destra dell’arcangelo Raffaele; «dieci piccoli angeli e altre statuette di santi e vescovi, nonché delle formelle a soggetto biblico completano la complessa figurazione» (I. Fossati, Cernobbio. Guida ai luoghi e alle cose). La volta del presbiterio, divisa in spicchi, è dipinta con gli Evangelisti che circondano la raffigurazione allegorica della Fede, opera del pittore Vincenzo De Bernardi di Claino e del suo allievo Antonio Rinaldi di Tremona (1866). Sotto la raffigurazione della Fede, un cartiglio porta la seguente scritta: «Indulgenza plenaria ogni giorno in perpetuo applicabile anche ai defunti concessa da Papa Pio VI @ l’6 maggio 1779». Da notare l’uso “ante litteram” della chiocciolina! La cappella di Santa Caterina, sul lato destro della chiesa (per chi guarda dall’entrata), è ornata da un altare in stucco attribuito anch’esso al Barberini, come pure le statue che lo affiancano, raffiguranti Sant’Agata e Santa Lucia, forse però eseguite con aiuti. Il paliotto in scagliola, pure secentesco porta al centro Santa Caterina con ai lati San Sebastiano e San Rocco. La pala tardocinquecentesca raffigura la Madonna con il Bambino e i Santi Sebastiano, Rocco e Caterina d’Alessandria, attribuita al pittore milanese Giovan Pietro Gnocchi. Pure tardo cinquecentesca pare anche la tela collocata sulla parete destra della cappella, con Il Crocifisso tra i Santi Marta, Maria Maddalena (?) e Michele arcangelo. Segue la cappella dedicata a San Giuseppe, con una pala settecentesca dedicata al Santo; però la scritta a mosaico all’entrata della cappella «Mater dolorosa», lascerebbe pensare ad un legame con il culto dell’Addolorata, avvalorato dalla presenza di una piccola statua dell’Addolorata sull’altare e da una statua lignea del Cristo Morto conservata sotto la mensa. In controfacciata, a destra del portone principale (guardando l’altare), nel 1938 è stato collocato il fonte battesimale in marmo.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino, Tel. 031.511487

monumento ai caduti

Monumento ai Caduti di Rovenna

Informazioni

Collocazione: Il Monumento ai Caduti di Rovenna è posto all’ingresso del viale delle Rimembranze che porta al cimitero, sulla destra
Pavimentazione: cubetti di cemento
Barriere architettoniche: il monumento vero e proprio è collocato in un’aiuola verde di circa 3 metri di diametro aperta entro una piazzola pavimentata in cubetti di cemento, di 5 x 8 metri, delimitata sulla destra da un muretto alto 50 centimetri sormontato da una ringhiera di altri 50 centimetri.
A circa un metro sulla sinistra dell’aiuola, sempre all’interno della piazzola, è stata posta una lastra di granito con i nomi dei caduti, parte integrante del monumento.
La piazzola è delimitata sul lato frontale e laterale sinistro da paletti in ferro di circa 60 centimetri che reggono una catena. Sul lato sinistro un gradino di 5 centimetri la raccorda al piano stradale
Accesso: si accede al monumento dall’inizio del viale delle Rimembranze, girando sulla destra
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat in via IV Novembre
Svago e Ristorazione: bar in zona

Descrizione
(Silvia Fasana)

Il monumento ai Caduti di Rovenna rappresenta una maestosa aquila, dalle ali spiegate, costituita da piastre sagomate in ferro, saldate tra loro, con il capo rivolto in avanti e le zampe posate su un supporto. Il supporto, a sua volta, poggia su un basso basamento in cemento che porta la scritta: “Rovenna ai suoi caduti”; sempre in cemento sono le lastre posteriori, poste a guisa di montagne.
A circa 1 metro sulla sinistra della aiuola, una doppia lastra di granito, a mo’ di leggio, sorregge due lastre di ferro sopra le quali sono incisi i nomi rispettivamente, a sinistra dei caduti della prima guerra mondiale, a destra quelli della seconda guerra mondiale.
La scultura è opera dello scultore Salvino Marsura, cui era stata commissionata da Paolo Migliavada di Desio per farne un monumento agli Alpini caduti della città brianzola. A seguito di contrasti intercorsi circa l’ubicazione del monumento – scrive Giuseppe Salvioni nel suo libro Cernobium Cernobi Cernobio Cernobbio. Storia e territorio, la statua fu “parcheggiata” in un giardino privato. Alla morte del Migliavada, avvenuta nel 1975 (fu sepolto nel cimitero di Rovenna) la vedova Lina, per onorare la sua memoria, donò la statua agli Alpini del Gruppo Bisbino di Rovenna, località nella quale amava villeggiare. A compimento del desiderio di Paolo Migliavada, gli Alpini predisposero la base del monumento, sulla quale nel 1980 fu collocata la scultura. Il monumento, insieme con il vicino viale delle Rimembranze, è stato restaurato nel 2005 a cura del Gruppo Alpini, in occasione del venticinquesimo anniversario della posa.

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

Piazza Risorgimento vista da Rovenna

Piazza Risorgimento

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2, ma lo si può ammirare da un punto panoramico di via Monte Santo

Collocazione: la piazza, di forma irregolare allungata, con uno sviluppo lineare di circa 100 m, è situata in riva al lago alla foce del torrente Greggio
Pavimentazione: la parte più esterna è costituita da aiuole in ghiaia, delimitate da un cordolo rialzato in pietra; segue una fascia acciottolata ed infine la parte centrale è in porfido
Barriere architettoniche: cordoli rialzati in pietra. La piazza è inoltre chiusa al traffico veicolare nella parte nord-ovest da una sbarra affiancata da vasi di fiori che delimitano stretti passaggi pedonali laterali
Accesso: si accede alla piazza da via Erba. È raggiungibile anche da lago: vi approdano infatti i battelli di linea
Servizi: parcheggi a pagamento in via Erba; imbarcadero della Navigazione
Svago e Ristorazione: alberghi, lido, bar, ristoranti, porto turistico

Descrizione
(Silvia Fasana)

Piazza Risorgimento di Cernobbio, la “Riva” per antonomasia, è una spianata di origine alluvionale, derivata dai detriti trasportati e depositati dal torrente Greggio. Fino a due secoli fa era una distesa sassosa – la cosiddetta “Punta de Gera” – dove si svolgeva la vita di lavoro degli abitanti: i pescatori lasciavano le loro imbarcazioni e distendevano le reti, le donne vi lavavano la biancheria, i trasportatori delle merci via lago vi attraccavano i “comballi”. Nel corso dell’Ottocento, quando il turismo sul Lario cominciò ad intensificarsi, l’originale distesa sassosa fu oggetto di una serie di interventi funzionali ed estetici, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo, con la creazione anche di un pontile, parallelamente all’apertura di numerosi esercizi commerciali e turistici. La piazza subì poi nel Novecento numerosi interventi di risistemazione e miglioramento, ultimo dei quali negli anni ‘30, che l’hanno resa non solo il polo della vita sociale del paese, ma anche un vero e proprio biglietto da visita per i turisti che arrivano dal lago.

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

Chiesa di S. Vincenzo

Chiesa di S. Vincenzo

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2, ma lo si può ammirare da un punto panoramico di via Monte Santo

Collocazione: la chiesa prospetta su piazza Tolomeo Gallio
Pavimentazione: la piazza si presenta in porfido con decori in pietra ed una fascia di circa 1,5 metri lastricata davanti ai gradini di accesso alla chiesa
Barriere architettoniche: si accede alla chiesa da 3 bassi gradini sull’entrata principale
Accesso: il portone principale immette in una bussola con porte laterali che consentono l’accesso alla chiesa. In alternativa il portone laterale sinistro (normalmente chiuso) è dotato di uno scivolo per disabili
Servizi: parcheggi disponibili in zona
Svago e Ristorazione: alberghi, bar, ristoranti, porto turistico.

Descrizione
(Silvia Fasana)

La chiesa di S. Vincenzo, patrono di Cernobbio, sorge nel nucleo storico del paese. Era l’antica Parrocchiale; nel 1935 il titolo passò alla nuova chiesa del Santissimo Redentore. Già citata in un documento del 1183, negli Atti della Visita pastorale dal vescovo Feliciano Ninguarda del 1593, viene descritta come «piccola e buia». Venne rimaneggiata tra il 1757 e il 1775, quando fu consacrata dal vescovo Giambattista Mugiasca (come ricorda l’iscrizione interna sopra la porta laterale). Nel 2005 sono stati ristrutturati il campanile, la facciata e la volta, sulla quale erano apparse crepe di cedimento
La facciata, elegantemente mossa da un andamento convesso, in stile barocco, è caratterizzata dallo spiccato gioco cromatico tra il beige chiaro dell’intonaco, il tenue rosato del basamento in granito e il rosso della decorazione in cotto, unico esempio del genere sul territorio lariano. Fu realizzata nel 1861 su disegno dell’architetto milanese Giacomo Bussi, grazie alla generosità di don Costantino Gianorini, canonico in S. Ambrogio di Milano che amava soggiornare a Cernobbio. Nelle nicchie laterali al portale, sormontato da figure di angeli a lato della Croce, sono rappresentati San Costantino (a memoria del benefattore) e Sant’Ippolito (patrono del paese di origine del benefattore). Le altre statue rappresentano le raffigurazioni simboliche delle Virtù, con i loro attributi iconografici.
L’interno è a un’unica navata, con due altari laterali in marmi policromi, leggermente arretrati e delimitati da balaustre.
Nella nicchia alla sinistra all’ingresso, in cui è ospitata una statua recente del Sacro Cuore, vi era l’antico Battistero; è ancora conservata l’antica vasca dalla prima chiesa, datata 1570 e realizzata grazie alle «devote offerte dei Cernobbiesi», come attesta l’iscrizione lungo il bordo.
L’altare laterale destro accoglie una statua in gesso dei primi del ‘900 della Madonna Addolorata, proveniente dalla nuova chiesa del Santissimo Redentore, in sostituzione di una più antica; l’intradosso dell’arco è ornato con i Sette dolori di Maria. L’altare di sinistra, settecentesco, è invece dominato da un bel simulacro ligneo della prima metà del secolo XVIII raffigurante Santa Marta, il cui culto era localmente molto diffuso perché legato all’attività dell’importante omonima confraternita.
La volta della chiesa è affrescata con una Gloria di angeli e i pennacchi con i Quattro Evangelisti. La volta del presbiterio è invece decorata con la Santissima Trinità adorata da San Vincenzo e le pareti del presbiterio con Episodi della vita di San Vincenzo (a sinistra) e Lorenzo (a destra). Nel 1978 un incendio distrusse l’altare maggiore; si salvarono i due angeli laterali porta-ceri, un candelabro e il bel paliotto in scagliola, raffigurante al centro San Vincenzo. L’altare che vediamo oggi, in legno dorato e dipinto, è una copia dell’originale. Nella nicchia centrale della parete absidale spicca una bella statua lignea secentesca della Madonna del Rosario, opera del comasco Giovanni Gaffuri (1676) e acquistata a spese dei “molinari”; ai lati le statue novecentesche di San Vincenzo (a sinistra) e di San Lorenzo (a destra).
La controfacciata ospita l’organo; sul fondo della navata sono collocate le statue a sinistra diSant’Abbondio (patrono di Como) e a destra di Sant’Ambrogio (patrono di Milano), entrambe risalenti al 1863, mentre ai lati del presbiterio i simulacri più antichi di Sant’Antonio Abate a sinistra e San Cristoforo con il Bambino a destra, protettore dei pellegrini, la cui festa era anticamente celebrata con grande solennità. In sacrestia è conservato un mobile ligneo probabilmente risalente al primo quarto del Settecento; secondo la tradizione è stato donato dai pescatori, come suggeriscono le iniziali H.O.P riprodotte (“Hoc Opus Piscatorum”). Tra i “tesori” della chiesa, si ricorda la splendida Croce processionale di inizio Cinquecento, capolavoro dell’orafo gravedonese Francesco di Ser Gregorio.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino Tel. 031.511487

Chiesa del SS. Redentore

Chiesa prepositurale del SS. Redentore

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2, ma lo si può ammirare da un punto panoramico di via Monte Santo

Collocazione
: la chiesa prospetta su piazza Don Umberto Marmori, ampia piazza ombreggiata  a brevissima distanza dalla Via Regina
Pavimentazione: porfido (piazza)
Barriere architettoniche: si accede alla chiesa da 4 gradini che portano ad un ampio pianerottolo, seguiti da altri 3 gradini. È presente un doppio corrimano che individua un ampio accesso centrale e due accessi laterali. Alla chiesa si accede anche da una porta situata sul lato sinistro dell’edificio (per chi guarda la facciata) dotata di scivolo e corrimano per disabili.
Accesso: nella facciata si aprono tre portoni; normalmente è aperto quello laterale a destra che immette in una bussola con apertura frontale
Servizi: parcheggi disponibili in zona
Svago e Ristorazione: nelle immediate vicinanze, in particolare  lungo la quasi adiacente Via Regina, sono disponibili vari esercizi di svago e ristorazione.

Descrizione
(Silvia Fasana)

La nuova chiesa di Cernobbio venne iniziata nel 1908, con il forte sostegno di Luigi Dell’Orto, già sindaco di Cernobbio dal 1868 al 1896. Egli volle questa chiesa per ricordare le sue nozze d’oro con Elisabetta Lucca, mettendo a disposizione i propri terreni e le proprie risorse, dando così alla comunità un nuovo luogo di culto più ampio e più rispondente alle esigenze di una aumentata popolazione. La progettazione fu affidata all’ingegnere Cesare Formenti di Seregno, autore di altre chiese nel comasco, tra cui quella di S. Brigida a Camerlata, opere in cui il chiaro riferimento all’architettura romanica lombarda si fonde con la concezione spaziale propria dell’architettura bizantina.
La morte di Luigi Dell’Orto ritardò di fatto la conclusione dei lavori; l’edificio fu completato solo grazie agli eredi, in particolare dal figlio Alfonso e dalla di lui moglie Amalia Guggiari; fu benedetta dal Vescovo Alfonso Archi nel 1924 e consacrata dal Vescovo Alessandro Macchi nel 1935. Nel 1999, per volere dell’allora prevosto mons. Gino Discacciati e su progetto dell’architetto Giuseppe Chierichetti, la zona del presbiterio fu rifatta, mutandone in parte l’aspetto.
L’edificio, di gusto neoromanico, è interamente rivestito da intonaco in cemento, lavorato ad imitazione di blocchi di pietra. La facciata, giocata su un sovrapporsi di archi ed archetti neoromanici, culmina con una loggetta a cinque arcate, ove sono alloggiate le statue di San StanislaoSant’AmbrogioSant’AbbondioSan Luigi, Sant’Antonio da Padova. La statua di San Stanislao è un omaggio a Padre Stanislao Cazzaniga, abate del monastero dei Benedettini Olivetani di Seregno, molto legato a Cernobbio e amico dell’architetto Formenti. Si accede all’interno da un portale centrale fiancheggiato da due porte laterali; nella parte superiore spicca un dipinto raffigurante Cristo Redentore che insegna alla folla, su fondo d’oro a finto mosaico, opera del pittore milanese Enrico Volonterio.
L’interno, a tre navate, di cui le laterali più basse di quella centrale, è molto essenziale. Sui lati della volta della terza campata (partendo dal fondo) sono affrescati i Quattro Profetimaggiori; nel catino absidale Dio Padre, con Sant’Ambrogio a destra e Sant’Abbondio a sinistra; sulla volta lo Spirito Santo con i Quattro Evangelisti. Sulle pareti laterali del presbiterio spiccano due scene evangeliche a sfondo lacustre, quasi a sottolineare il legame tra Cernobbio e il lago di Como: Pietro salvato dalle acque (a sinistra) e la Moltiplicazione dei pani e dei pesci (a destra). Questi dipinti sono sempre opera di Enrico Volonterio; con il figlio Edoardo affrescò anche le cappelle laterali. Quella di destra ha al centro il Transito di San Giuseppe, affiancato a sinistra da San Luigi Gonzaga (in ricordo di Luigi dell’Orto, fatto realizzare nel 1928 dagli operai tessili di Cernobbio) e a destra da Santa Elisabetta d’Ungheria (il riferimento è a Elisabetta Lucca dell’Orto). La cappella di sinistra ha al centroLa Pietà, con a sinistra Sant’Antonio Maria Zaccaria (devozione particolare di Amalia Guggiari Dell’Orto) e a destra Santa Teresa del Bambino Gesù. Gli altari laterali sono in marmo bianco, con motivi decorativi incisi e dorati di gusto bizantino.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino Tel. 031.511487

Chiesetta di Toldino

Chiesa della Beata Vergine delle Grazie a Toldino

Informazioni
Collocazione: la chiesa prospetta su via della Libertà, la carrozzabile realizzata tra il 1915 e il 1917 per congiungere il centro di Cernobbio alla frazione di Rovenna. Originariamente però la si deve immaginare accanto alla vecchia percorrenza, la via Monte Santo, nel nucleo di Toldino.
Pavimentazione: asfalto (via della Libertà)
Barriere architettoniche: si accede alla chiesa superando un gradino che segue la pendenza della strada, alto in media 8 centimetri circa. Su questo gradino, quando la chiesa è chiusa, è posta una fioriera.
Accesso: nella facciata si apre una porta di vetro protetta da una inferriata che si apre a metà. C’è un secondo accesso laterale preceduto da due gradini, che dà su un cortiletto cementato e chiuso da una cancellata, a cui si accede a sua volta da un gradino di 8 centimetri dal piano stradale. La chiesa è normalmente chiusa eccetto che per le funzioni religiose.
Servizi: pochi posti auto nei dintorni, una fermata dell’autobus C28 Rovenna – Como in direzione Como a fianco della chiesa e dall’altro lato della strada una fermata in direzione Rovenna
Svago e Ristorazione: di fronte alla chiesa c’è un ristorante

Descrizione
(Silvia Fasana)

La chiesetta della Beata Vergine delle Grazie di Toldino ha una semplice facciata a capanna, larga circa 6 metri e alta circa 5 metri, aperta da una porta vetrata protetta da una inferriata e da due piccole finestre in alto con arco a tutto sesto. La abbelliscono due lesene laterali e le sottolineature del timpano, beige su ocra chiaro. Sul lato sinistro, un poco rientrante, è visibile la parte laterale aggiunta posteriormente; sul retro, svetta il piccolo campanile.
La prima citazione della piccola chiesa della B. V. delle Grazie a Toldino si trova in una descrizione di una visita pastorale del 1578 di mons. Giovanni Francesco Bonomi, vescovo di Vercelli. La «cappella campestre», come viene descritta nel documento, era in pessime condizioni, e il suo declino continuò a tal punto che sul finire del secolo fu proibita la celebrazione della Messa. Presumibilmente agli inizi del secolo XVII il nobile comasco Giovanni Ambrogio Carcano fece ricostruire l’edificio sacro. Lo si deduce dal suo testamento, redatto nel 1617, nel quale si fa riferimento alla chiesetta da lui ricostruita quale beneficiaria di un lascito per la celebrazione di una Messa nel giorno della Natività della B. V. Maria e nella sua ottava. La tradizione popolare vuole che il 19 luglio 1691 un violento temporale si sarebbe abbattuto sul territorio di Rovenna e la popolazione si sarebbe rivolta alla Madonna di Toldino, ottenendo la grazia.
Originariamente la chiesa sarebbe stata limitata alla sola navata di destra, a cui venne aggiunta alla fine del XVIII secolo la sacrestia laterale sinistra. Nel 1984 la chiesa subì un radicale restauro.

(notizie tratte da Communitas, periodico della Comunità Pastorale Beata Vergine del Bisbino, estate 2012)

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino Tel. 031.511487

Chiesetta di Toldino

Scuola di disegno*
* edificio scomparso

Descrizione
(Silvia Fasana)

Accanto alla chiesa della Beata Vergine delle Grazie a Toldino, sorgeva un tempo l’edificio delle scuole elementari di Rovenna (ora demolito e sostituito da una casa privata), dove aveva la sua sede storica la Scuola di Disegno di Rovenna. Questa istituzione, fondata nel 1901 dalla “Società di Mutuo Soccorso ed Istruzione fra Operai” di Cernobbio, nel 1905 la gestione era passata alla neo-costituita sezione di Rovenna della “Società di Mutuo Soccorso e miglioramento fra i Muratori, Manovali, Garzoni ed Affini all’Arte Edilizia”, appoggiata da importanti professionisti quali l’imprenditore Giovanni Bandel, il professor Fausto Baragiola e il notaio Carlo Mira, che ne fu poi il direttore per un cinquantennio e al quale fu poi intitolata.
«Le lezioni, – scrivono Irene Fossati e Vittorio Daviddi nel volume Cernobbio “picciola terra”– a cura di esperti del paese o villeggianti, si tenevano la domenica e nelle ore serali, nei locali della scuola pubblica, da novembre a marzo, approfittando delle lunghe serate dell’ozio invernale” per fornire agli operai edili – muratori, verniciatori, stuccatori, marmisti, scalpellini, scultori, decoratori – quella preparazione, pratica e teorica, che servisse a meglio qualificarne la professionalità, in special modo nei Paesi d’emigrazione». Nonostante le difficoltà finanziarie (non c’erano sussidi governativi a sostenerla, ma solo il patrocinio di privati), la scuola richiamava allievi da tutta la zona e, mano a mano, il suo bacino di utenza si estese anche ad apprendisti fabbri, meccanici, falegnami, e a tutte le categorie di operai e artigiani che necessitavano la conoscenza degli elementi fondamentali del disegno tecnico e dell’ornato. «Adeguandosi alle mutate esigenze sociali che portarono all’introduzione di un corso di pittura e, successivamente, di ceramica, l’istituzione proseguì la sua attività fino all’inizio degli anni Ottanta, sempre reggendosi sul contributo volontario di insegnanti e sostenitori, finché, cambiata la normativa in materia di istruzione professionale, si trasformò in una associazione culturale», il Circolo Culturale Artistico “Carlo Mira” che, forte di questa importante tradizione, organizza ancora corsi di avvicinamento alla pittura e alla scultura.

Contatti
Circolo Culturale Artistico “Carlo Mira” via Regina 5, 22012 Cernobbio (CO). Orari di apertura della sede: lunedì ore 21.00-23.00; martedì ore 15.00-17.00; giovedì ore 21.00-23.00

Villa d'Este

Villa d’Este

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2, ma lo si può ammirare da un punto panoramico di via Monte Santo

Collocazione: Villa d’Este prospetta una tranquilla baia del lago di Como; l’accesso è da via Regina
Pavimentazione: asfalto
Barriere architettoniche: –
Accesso: Villa d’Este è un prestigioso albergo,  con accesso riservato ai clienti
Servizi: parcheggi privati disponibili all’interno del parco ad uso esclusivo degli ospiti dell’albergo
Svago e Ristorazione: Villa d’Este offre il massimo svago e un’eccellente ristorazione.

Descrizione
(Silvia Fasana)

La villa fu fatta costruire nel XVI secolo dal Cardinale Tolomeo Gallio, nato nel 1525 da una famiglia di origine cernobbiese, diplomatico e Segretario di Stato con Papa Gregorio XIII. Secondo la tradizione il progetto originario dell’edificio era dell’architetto Pellegrino Tibaldi di Valsolda; la residenza fu detta “Il Garrovo”, dal nome del torrente che scorre nelle vicinanze. Verso la fine del ‘700 la villa fu venduta dagli eredi Gallio al conte Ruggero Marliani, poi passò in eredità al nipote Bartolomeo Calderara che, con la moglie Vittoria Peluso, restaurò il palazzo e ripristinò il giardino. Alla morte del Calderara, la vedova sposò il generale napoleonico conte Domenico Pino. Proprio per onorare le vittorie del marito durante la campagna di Spagna, donna Vittoria fece erigere nel parco alcune torrette e fortilizi, ancora oggi visibili, su disegno delle piazzeforti espugnate dal generale. Nel 1815 la contessa Pino vendette la villa a Carolina di Brunswick, moglie del Principe di Galles, il futuro Giorgio IV. La principessa apportò altri cambiamenti alla dimora rendendola più fastosa e cambiò il nome in “Nuova Villa d’Este”, in onore di un suo presunto antenato Guelfo d’Este. Per circa quattro anni, dal 1816 al 1820, Carolina radunò presso di sé una corte cosmopolita e festosa, accumulando debiti ingenti. A lei si deve la costruzione della strada che unisce Como a Cernobbio e quest’ultima a Villa d’Este. Nel 1820 la principessa ritornò in Inghilterra dove morì l’anno seguente. I debiti accumulati l’avevano costretta a vendere la Villa che nel volgere di poco tempo passò per varie mani, rimanendo quasi abbandonata per alcuni anni, fino all’acquisto da parte del ricco barone Gaetano Ippolito Ciani. Egli riportò in auge il complesso che divenne sede di feste, ma anche di cospirazione antiaustriaca. Nel 1856 fece costruire un palazzo in stile romantico, detto il “Castello”, che dedicò alla Regina d’Inghilterra e adibì a stabilimento idroterapico. Gli eredi di Ciani, non potendo più sostenere le gravi spese di mantenimento, nel 1873 trasformarono l’antica villa rimaneggiata nell’attuale Grand Hotel, conosciuto in tutto il mondo per la bellezza della struttura e degli arredi, per il magnifico parco con lo scenografico viale dei cipressi fiancheggiato da giochi d’acqua e culminante nel gruppo scultoreo secentesco raffigurante Ercole e Lica.
Il parco, introdotto da un lungo viale di ippocastani, è costituito da un giardino formale in parallelo con l’edificio mentre un lungo viale prospettico con doppia catena d’acqua sottolineato da cipressi allunga lo sguardo sullo sfondo scenografico del giardino all’inglese, con platani monumentali.

(tratto da Chiese, ville e giardini, Città di Cernobbio)

Contatti
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

Link con il sito dell’Hotel Villa d’Este

Giardino della Valle

Il Giardino della Valle

Informazioni
Il punto di interesse non si trova lungo il percorso 2, ma un poco più sotto dell’ultimo tratto

Collocazione
: il Giardino della Valle si trova nel tratto terminale della valle del torrente Garrovo, lungo il quale si sviluppa per un tratto lineare di circa 250 m
Pavimentazione: il percorso nel Giardino della Valle è in parte acciottolato/lastricato e in parte sterrato; per la maggior parte è gradonato
Barriere architettoniche: parecchi gradini lungo il sentiero che risale il giardino; è presente inoltre un ponte in legno per l’attraversamento del torrente Garrovo. L’intero percorso interno prevede altri due ponti, non considerati nel nostro itinerario
Accesso: al Giardino della Valle si può accedere (come suggerisce il percorso 1) da via Adda, attraverso un cancelletto in ferro battuto con due gradini in discesa che danno su un piccolo pianerottolo seguito da due gradini sulla sinistra, oppure da via Plinio/via Monte Santo (l’uscita indicata dal nostro itinerario), attraverso un cancelletto in legno seguito da 9 gradini in discesa
Servizi: –
Svago e Ristorazione: –

Descrizione
(Silvia Fasana)

Al confine del vasto parco di Villa d’Este, verso il paese, il tratto terminale della valle del torrente Garrovo agli inizi degli anni ’80 dello scorso secolo era una vera e propria “valle di rovi”, lasciata all’incuria e al degrado più totale. Ad aggravare la situazione, sulla sponda destra del corso d’acqua si erano accumulati via via una quantità notevole di rifiuti di ogni sorta, rendendolo una specie di discarica a cielo aperto.
Una signora sensibile e gentile, Ida (Pupa) Lonati Frati (per gli amici “Nonna Pupa”), che abitava nelle vicinanze, notava con tristezza tutto quello scempio ogni volta che tornava a casa, percorrendo a piedi via Plinio. E decise di agire. Chiesto il permesso al Comune di bonificare l’area, cominciò a liberarla di rovi e dalle immondizie, aiutata dapprima dai nipotini Michele e Giulia e poi da altri familiari e amici. Poi, poco alla volta, cominciò a dissodare il terreno, che era brullo, povero, sassoso, arricchendolo con terriccio “buono” raccolto nei boschi vicini e con del compost ottenuto dai resti vegetali provenienti dalla manutenzione dei parchi pubblici, che si faceva regalare dagli operatori ecologici comunali. A poco a poco ha trapiantato arbusti, fiori e alcune piante da frutto, in parte acquistate e in parte cedute da amiche e conoscenti. Sfruttando la conformazione del terreno, Pupa ha modellato un vero e proprio percorso, ha tracciato sentieri, costruito vialetti, gradini, aiuole, ponticelli, anche un giardino roccioso. Nella zona centrale ha creato un piccolo stagno con pesci rossi e piante acquatiche. Nonna Pupa è riuscita infatti a “salvare” e riutilizzare molte piante che l’amministrazione comunale faceva sostituire nelle aiuole perché sfiorite e perfino le vecchie panchine della riva scartate dal Comune, adeguatamente riparate e ridipinte, adesso offrono una piacevole sosta a chi passeggia tra il verde. L’esempio di Pupa ha coinvolto anche altri suoi amici, che l’hanno aiutata nella bonifica anche di altre aree adiacenti; in varie tappe è nato così il Giardino della Valle, oggi abbellito anche da simpatiche sculture in legno dello scultore locale Giosué (detto Giò) Aramini. L’omonima Associazione, fondata nel 2001 per garantire la conservazione, la manutenzione ed il miglioramento di questa piccola area verde, organizza ogni anno numerose manifestazioni, attività didattiche, occasioni culturali e artistiche con la presenza di pittori, poeti, letterati, musicisti e fotografi all’interno del giardino.

Contatti
Associazione “Il Giardino della Valle” via Monte Santo 5, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.510714
Comune di Cernobbio via Regina 23, 22012 Cernobbio (CO); Tel. 031.343253/234
I.A.T. di Cernobbio iat@comune.cernobbio.co.it

Link con il sito del Giardino della Valle

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Arrivo a S. Nicola di Casnedo

Chiesa di S. Nicola a Casnedo

Informazioni
Collocazione: la chiesa prospetta su una piazzetta/sagrato
Pavimentazione: acciottolato
Barriere architettoniche: si accede al sagrato da 10 gradini; alla chiesa da 2 gradini
Accesso: la chiesa è normalmente chiusa, eccetto per le funzioni religiose
Servizi: parcheggi disponibili in zona
Svago e Ristorazione: –

Descrizione
(Silvia Fasana)

La chiesa di S. Nicola di Casnedo, un tempo dedicata anche a San Carlo, sorge sul luogo di un oratorio gentilizio di patronato della famiglia Perti (proprietaria della villa adiacente), intitolato al santo milanese. La dedicazione a San Nicola risale all’uso della piccola comunità di assistere alle funzioni nella cappella a lui dedicata, situata nell’antico monastero dell’Assunta a Cernobbio, soppresso nel 1784. La costruzione risale presumibilmente alla fine del Settecento-inizio dell’Ottocento; nel 2001 ha subito un importante restauro conservativo. La facciata, rettangolare, ha forme arrotondate di ispirazione tipicamente barocca. Coronata da un semplice timpano, aperta da una finestra centrale rettangolare e da un elegante portale di ingresso, è tutta giocata sul contrasto fra le modanature e le cornici in pietra grigia e l’intonaco di un intenso color senape. L’interno è a una sola navata, con due altari laterali. Gli arredi provengono in parte dal precedente oratorio e in parte dal monastero cluniacense. Da quest’ultimo provengono il bel dipinto secentesco collocato sulla parete sinistra della navata raffigurante l’Assunta, attribuito all’ambito del pittore di origine cremasca Gian Giacomo Barbelli, oltre alla settecentesca Via Crucis con cornici in legno dorato.
Al precedente oratorio apparteneva invece l’attuale pala d’altare raffigurante l’Addoloratacon i Santi CarloNicola e Antonio da Padova, databile alla prima metà del Settecento e probabilmente anche il pregevole altare maggiore settecentesco in marmi policromi. Ai lati dell’altare, nella parete absidale, si possono vedere due finestre con grata in ferro battuto, timpano e balaustre marmoree; probabilmente da qui i signori Perti assistevano alle celebrazioni.
L’altare di sinistra ha un’ancona in legno dorato con una pala, copia del Battesimo di Gesù di Gaudenzio Ferrari; nella predella sono raffigurati Gesù Bambino e S. Giovannino.
L’altare di destra invece ha un’ancona lignea, databile alla metà del XVII secolo, che racchiude una statua della Madonna.

Contatti
Comunità Beata Vergine del Bisbino Tel. 031.511487