Tappa 1 – Da Piazza Paracchini alla chiesa di S. Maria in Martìnico

Descrizione

Il percorso inizia da Piazza Paracchini di Dongo, elegante punto di ritrovo di questa cittadina lacustre, affacciata sulla Strada Statale Regina e sul lago; è dedicata a Giulio Paracchini, comandante partigiano ucciso durante un rastrellamento delle Brigate nere nell’aprile 1945. Al centro della piazza, pavimentata in cubetti di porfido, su un basso basamento pure in cubetti di porfido, circondato da una recinzione in ferro battuto alta circa 80 centimetri, si erge il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale. Si presenta come una colonna marmorea sormontata da un’aquila in bronzo, poggiante su un piedestallo al culmine di tre gradini che si raccordano con quattro scivoli al basamento. In quest’area, fino al 1815, sorgeva un edificio, poi demolito, che fungeva da Palazzo Pretorio, come si può leggere nei registri del Catasto Teresiano. Sulla piazza attuale si affaccia la sobria facciata neoclassica di Palazzo Manzi, già Polti Petazzi, costruito nei primi decenni dell’Ottocento per la nobile famiglia dei Polti Petazzi probabilmente su progetto di Carlo Polti (collaboratore di Simone Cantoni), ma attribuito tradizionalmente all’architetto Pietro Gilardoni. La facciata è preceduta da un largo marciapiede con pavimentazione in cubetti di porfido. Nel 1937 fu donato dall’ultima discendente, Donna Giuseppina Manzi, al Comune di cui è attualmente la prestigiosa sede: l’ingresso è sormontato dallo stemma comunale, rappresentato da uno scudo con tre croci rosse (due nella parte superiore e una in quella inferiore) in campo bianco, che ricordano le Tre Pievi di Dongo, Gravedona e Sorico. Palazzo Manzi conserva al suo interno, al primo piano, alcuni ambienti originali come la Sala d’Oro, la storica Biblioteca Manzi e la piccola cappella dedicata all’Immacolata. Al piano terra è ospitato il multimediale Museo della Fine della Guerra, inaugurato nell’aprile 2014 dopo un radicale rinnovamento, che espone materiali fotografici e documentari su questa pagina della storia italiana scritta proprio sul lago di Como.
Per ricordare il ruolo centrale del territorio lariano negli eventi che videro la conclusione del secondo conflitto mondiale, nel 2014 l’Amministrazione Provinciale di Como, con il progetto “La fine della Guerra”, finanziato da Regione Lombardia, ha predisposto quattro percorsi tematici, identificabili da un’apposita segnaletica turistica: “A – Le vie di salvezza verso la Svizzera”; “B – I percorsi partigiani tra i due laghi”; “C – i percorsi partigiani in Alto Lago”; “D – Le ultime ore di Mussolini”.
Nel cortile interno del Palazzo è stato posato un grande pannello di presentazione del progetto; altri due pannelli sono stati collocati lungo la facciata di Palazzo Manzi, a destra del portone il numero 13 del percorso C (“Dongo, Palazzo Manzi: 26 aprile 1945, la liberazione di Dongo”) e a sinistra il numero 6 del percorso D (“Dongo. L’arresto di Mussolini”). Un altro pannello, il n.10 del percorso D (“Ringhiera a lago. La fucilazione dei gerarchi della RSI”) sul lungolago antistante Piazza Paracchini, segnala il luogo esatto dove il 28 aprile 1945 furono fucilati i gerarchi del governo repubblichino catturati con Mussolini tra Musso e Dongo: ad un attento osservatore non sfuggiranno i segni dei proiettili esplosi dai partigiani ancora visibili nella ringhiera a lago.
Usciti da Palazzo Manzi, si gira a destra e si prosegue lungo il marciapiede porfidato che costeggia la piazza; al termine dell’edificio, dopo circa 15 metri, girando subito a destra, una breve deviazione di circa 100 metri in via Gio Batta Scalini, caratteristico vicolo porfidato stretto tra antiche abitazioni, ci porta ad ammirare sulla nostra destra due portali sormontati da interessanti stemmi scolpiti ad altorilievo nel marmo di Musso. Il primo, in corrispondenza del numero civico 6, probabilmente della famiglia Rumi, raffigura una pianta sormontata da un leone; mentre il secondo, sopra il civico 14, rappresenta una figura coronata con uno scettro. Tornati sui propri passi, al termine della deviazione in via Scalini, si gira a destra e si imbocca via Mercato, facendo attenzione al grande elemento di arredo urbano circolare (una fioriera-panchina), largo circa un metro e mezzo e alto 70 centimetri, posizionato proprio al centro dell’imbocco della strada. Sul muro dell’edificio al numero civico 5, che si trova sul lato sinistro della via, sopra quello che probabilmente un tempo era stato il suo portale di ingresso, è murato uno stemma in marmo della famiglia Malacrida, già proprietaria anche del castello sul Sasso di Musso prima del Medeghino. Dopo circa 30 metri dall’inizio della via si incontra un passaggio voltato; sul muro dell’edificio alla propria sinistra si può osservare un dipinto murale realizzato nel 1984, raffigurante la Madonna con Bambino e sullo sfondo un paesaggio lacustre con le caratteristiche imbarcazioni del lago di Como, dette “Lucie”. Dopo altri 30 metri si giunge in Piazza Giulio Rubini dedicata a questo importante personaggio donghese (1844-1917), direttore delle Acciaierie Falk e più volte Ministro del Tesoro e dei Lavori Pubblici del Regno d’Italia all’inizio del ‘900. Nel mezzo della piazza, acciottolata nella parte centrale, nel 1920 è stato collocato un busto in bronzo dello stesso Rubini, sostenuto da una colonna in marmo decorata da un festone sempre in bronzo. La colonna sorge alla sommità di quattro gradini in pietra, gli ultimi due dei quali molto più larghi dei primi, circondati da una recinzione in ferro battuto alta circa 40 centimetri e sostenuta da pilastrini sempre in pietra. Si attraversa la piazza sul marciapiede porfidato che costeggia la facciata di Palazzo Rubini (ora occupato da abitazioni private ed esercizi commerciali), tenendo la sinistra e facendo attenzione alle quattro fioriere appoggiate alla facciata; sul lato meridionale della piazza si può osservare un’interessante costruzione intonacata di un color crema chiaro con decorazioni in legno, che ricorda una casa a graticcio. Al termine di Piazza Rubini si imbocca via Francesca Scanagatta per una quindicina di metri e quindi si piega a destra in via Romitaggio, il cui imbocco è sottolineato da un arco che riporta il nome della via. Si salgono sette larghi gradoni con pedata di circa un metro (corrimano in ferro sulla sinistra) e si svolta a destra in via Torrazza, il cui toponimo si trova già citato in un atto del 1481. Si segue la stretta strada che diventa subito asfaltata, in leggera salita, addentrandosi tra antiche case nell’antico nucleo di Martìnico. Si consiglia di tenersi al centro della via. Proseguendo, sulla sinistra, in corrispondenza del numero civico 25, si può ancora leggere l’insegna sbiadita dal tempo «Nuovo prestino». Dopo circa 160 metri dall’inizio della strada, si prosegue tenendo la sinistra in via Lamberzoni, nome che evoca la sanguinosa faida tra questa casata guelfa e quella gravedonese degli Stampa, ghibellina, nel fosco quadro delle lotte tra potenti famiglie nel secolo XIV. Dopo altri 120 metri circa si raggiunge, sulla sinistra, l’abside della chiesa romanica di S. Maria in Martìnico. Si lascia dunque via Lamberzoni e si salgono i 7 + 3 gradini in pietra, separati da un piccolo pianerottolo (corrimano in ferro sulla destra, sostenuto all’inizio e alla fine da due bei pilastrini alti 1,20 metri circa in pietra con apice lavorato a forma di croce) che portano al piano acciottolato del sagrato dove sorge la chiesa, sopraelevato rispetto alla strada e protetto sul lato destro da una ringhiera in ferro con fioriere. Alla base della scala c’è una fontanella in ghisa. Si giunge allo splendido ingresso laterale vicino all’abside di S. Maria, caratterizzato da un arco a tutto sesto sottolineato dall’alternanza di pietre bianche e nere; lo arricchiscono interessanti mascheroni antropomorfi alle mensole dell’architrave. La chiesa di S. Maria in Martìnico risale con tutta probabilità agli inizi del secolo XII, ma fu rimaneggiata pesantemente nel corso del Seicento; agli inizi del Novecento con un radicale restauro vennero eliminate le aggiunte barocche e rifatta l’abside. Alla chiesa si accede ora dal secondo portale laterale, che si incontra dopo una decina di metri dal primo.
Dopo la visita alla chiesa (interessanti i lacerti di affreschi dei secoli XIV, XV e XVII del Fiamminghino), si esce sempre dalla porta laterale, si gira a sinistra (attenzione al piccolo gradino dopo circa 2 metri) e ci si porta sulla parte del sagrato antistante la semplice facciata a capanna. Sulla sinistra del muraglione di fronte alla facciata si può notare la lapide che ricorda la presenza in questa area dell’antico cimitero, documentato dal 1412 e utilizzato fino al 1910.





Informazioni

Località di partenza Dongo, Piazza Paracchini
Località di arrivo Dongo, chiesa di S. Maria in Martìnico
Tipologia del percorso urbano
Ambiente zona urbana
Lunghezza totale 760 m circa
Tempo di percorrenza (a piedi) 15 min
Difficoltà Turistica
Dislivello in salita 20 m circa
Quota massima 220 m
Pavimentazione cubetti di porfido, asfalto, lastricato in pietra, acciottolato
Mezzi pubblici per raggiungere il punto di partenza: autobus (vedi sito bus di linea)
Mezzi pubblici dal punto di arrivo
Parcheggi presso il punto di partenza





Punti di interesse

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