Un borgo, un castello, nel segno dei Magi – Punti di interesse
Tappa 1 – Dall’imbarcadero a via Calvi
Parco Locale di Interesse Sovracomunale della Val Sanagra
Descrizione
La Val Sanagra è una splendida vallata che si incunea nel cuore delle Alpi Lepontine. Il suo nome deriva dalla presenza dell’omonimo torrente che si getta nel Lario a Menaggio.
L’aspetto rilevante della Val Sanagra è l’ambiente ancora selvaggio fatto di mosaici di boschi, praterie e alpeggi. La conservazione del patrimonio naturale, l’assenza di un’urbanizzazione in crescita e, paradossalmente, la facilità di comunicazione e raggiungibilità fanno di quest’area uno dei territori più interessanti in ambito lariano.
Nel 2005 è stato istituito in Val Sanagra un Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS) per volontà dei comuni di Grandola ed Uniti e Menaggio per la salvaguardia degli aspetti naturalistici, storici e antropici della valle.
(Adattato dal sito http://www.museovalsanagra.it)
Contatti
Parco Val Sanagra c/o Municipio di Grandola e Uniti (CO); Tel. 0344.32115; e-mail: info@parcovalsanagra.it
Museo Etnografico e Naturalistico Val Sanagra c/o Villa Camozzi Grandola ed Uniti (CO); Tel. 0344.32115; e-mail: info@museovalsanagra.it
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
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Ex Ferrovia Menaggio-Porlezza
Descrizione
La ferrovia Menaggio-Porlezza fu realizzata dall’ingegnere Emilio Olivieri, su iniziativa di diverse istituzioni sia pubbliche che private, italiane e svizzere (in modo particolare della Banca della Svizzera Italiana) per collegare tra loro con un tracciato ferroviario e di battelli il Lario, il Ceresio e il Verbano (Menaggio con Lugano e Luino), per aprire così le prospettive di collegamento della zona insubrica con il nord Europa attraverso la ferrovia del Gottardo. La ferrovia entrò in funzione nel novembre del 1884: era lunga 12,241 chilometri, superava un dislivello di circa 180 metri e aveva uno scartamento di 850 millimetri (misura unica al mondo per le ferrovie pubbliche). Oltre ai viaggiatori, turisti e pendolari, la ferrovia trasportava legna da ardere e fascine per fornai, provenienti dai boschi della Val Menaggio, per essere trasferiti a Como sui comballi.
Un viaggiatore illustre di questa tratta fu Franz Kafka nel settembre 1911. Con lo scoppio della prima guerra mondiale finì il periodo d’oro della ferrovia. Dopo un cambio di proprietà e di gestione, il 30 ottobre 1939 cessava l’esercizio. Dopo la guerra, si tentò di ripristinarla, ma inutilmente. Ora il suo tracciato è un interessante percorso pedonale per una bella camminata tra l’azzurro dei laghi e il verde delle montagne.
«A Menaggio la sede ferroviaria non aveva molto spazio, perché correva stretta fra la Strada Regina ed il muro di sostegno del giardino dell’Asilo degli Olivi, per circa 150 metri in piano. Il binario di linea terminava con una piattaforma girevole per la manovra delle locomotive. Dalla stessa piattaforma girevole partivano altri due binari, l’estremo a monte finiva tronco nella rimessa, il mediano si prolungava fino a raggiungere il fianco esterno della rimessa. Un piccolo fabbricato chiamato “Casello n° 1” sorgeva, verso il monte, di fronte alla piattaforma. Il piazzale si sviluppava ad una quota superiore, media, di m. 1,60 sul piano rotabile della Strada Statale (allora provinciale) Regina, nel punto in cui una gradinata costruita in vano rientrante, di 10 scalini, immetteva sulla banchina della stazione. I locali del capo Stazione, la biglietteria con la sala d’aspetto, l’ufficio spedizione merci, si trovavano fino alla fine del 1903 in un piccolo fabbricato dell’Albergo Menaggio. Il nuovo edificio della Stazione, costruito all’inizio del ‘900 tra la riva del lago e la via Regina, si presentava a forma di V maiuscola a due piani ed un seminterrato. Il vertice, smussato, verso la ferrovia, con un’ampia apertura permetteva l’accesso, al piano terreno, alla biglietteria ed al deposito bagagli. Al piano superiore, al quale si accedeva con una scala sulla destra del fabbricato, trovava spazio l’alloggio del capostazione. Il buffet della stazione era all’estremità del fabbricato verso il lago».
(Adattato dal sito http://www.ferroviamenaggioporlezza.it)
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
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Battistero di S. Giovanni Battista e Pretorio*
* struttura scomparsa del tutto o in parte
Informazioni
Collocazione: l’antico Battistero di S. Giovanni Battista, accanto al Pretorio, sorgeva sul luogo ove si trova oggi il “Caffè del Pess”
Descrizione
(Silvia Fasana)
Il Battistero di Menaggio, di origine probabilmente paleocristiana, aveva una pianta quadrangolare ad una sola navata, con l’abside semicircolare affrescata rivolta verso il lago, verso oriente; era accompagnato da un campanile sul lato occidentale.
Secondo un’ipotesi suggerita da antichi documenti, le funzioni di chiesa plebana erano svolte anticamente proprio dal Battistero; solo in un secondo momento questo ruolo sarebbe stato assunto dalla Collegiata di S. Stefano, anch’essa di origini antichissime.
Una traccia dell’importanza di questo edificio si ritrova nel fatto che negli Atti delle diverse Visite pastorali e nelle annotazioni degli arcipreti vengono citate diverse importanti funzioni religiose che si svolgevano ancora nel Battistero, come la cerimonia del fonte battesimale, celebrata almeno fino al secolo XVII il giovedì santo e nella quale il clero della Pieve riceveva gli olii santi e l’acqua benedetta. Inoltre, secondo l’annotazione dell’Arciprete Bertarelli nel 1638, la comunità di Menaggio aveva l’obbligo di far celebrare a S. Giovanni ogni venerdì una Messa per ricordare l’antica concessione di esercitare il diritto di pesca nel lago.
Il Battistero continuò ad essere officiato almeno fino alla metà del ‘700, anche se le condizioni dell’edificio erano sempre più degradate; alla fine del secolo fu sconsacrato e divenne proprietà dell’amministrazione comunale, che lo affittò all’Intendenza di Finanza come deposito di sale e tabacchi. «Nello stesso periodo, l’area confinante, su cui sorgeva un tempo l’antico Pretorio, ormai in rovina, fu acquistato dalla famiglia Messa, che vi costruì una casa appoggiandosi al muro dell’ex-Battistero. Nel 1849, infine, il Comune deliberò di vendere l’ex-Battistero, (ormai utilizzato come magazzino), che venne acquistato dai fratelli Erba, con l’esclusione del campanile e dell’orologio, rimasti di proprietà comunale. Qualche anno dopo i nuovi proprietari acquistarono anche l’adiacente casa Messa e incorporarono le due costruzioni confinanti nell’unico edificio che ancora oggi sorge in Piazza Garibaldi».
Il campanile, che per secoli aveva scandito la vita della comunità venne in seguito abbattuto per recuperare materiale per la costruzione, nel 1860, della torre campanaria della Parrocchiale.
L’unica memoria del Battistero rimasta ancora oggi è la targa murata nella parete dell’Albergo Corona, con la scritta «Contrada di S. Giovanni».
(Tratto da Novecento anni da Mengaldo (1095-1995), Parrocchia di Santo Stefano, Menaggio 1995)
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
Ospedale dei Tre Re Magi
Informazioni
Collocazione: l’antico Ospedale dei Tre Re Magi era ospitato in un fabbricato intonacato di giallo a tre piani preceduto da un cortiletto, che ospita a piano terra l’”Osteria il Pozzo”, in via Porta 1
Pavimentazione: via Porta è pavimentata con piastrelle di porfido
Barriere architettoniche: Attenzione al paracarro in pietra e all’idrante alti circa 1 metro posti accanto allo spigolo del fabbricato a destra all’imbocco di via Porta
Accesso: Si tratta di proprietà privata, quindi è consigliabile osservarlo dall’esterno
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat
Svago e Ristorazione: alberghi, bar e ristoranti in zona
Descrizione
(Silvia Fasana)
La leggenda vuole che l’ “Hospitale dei Ss. Re Magi” sarebbe stato fondato nel 1163, quando fece sosta a Menaggio il corteo che trasportava a Colonia le reliquie dei tre Re Magi, trafugate dalla città di Milano dal Cancelliere Imperiale Rainaldo di Dassel dopo la distruzione della città operata da Federico Barbarossa. In realtà non si conosce la data di fondazione di questa storica istituzione benefica di Menaggio, che per secoli si occupò di accogliere i viandanti e di assistere malati e pellegrini, in collegamento con l’Oratorio di S. Marta.
La pubblicazione Novecento anni da Mengaldo (1095-1995), curata dalla Parrocchia, riporta una descrizione del 1707 «al piano superiore dell’ospizio, la cui sede era stata restaurata nel 1666 (come appare da un affresco con i Re Magi e Gesù Bambino, visibile sulla parete esterna dell’edificio), vi erano “due stanze, con due lettini ben disposti, nei quali sono ospitati i pellegrini, al momento due sacerdoti”, mentre al piano inferiore, dove vi era altro spazio per accogliere i pellegrini, viveva una donna, “onesta di costumi e di fama”, che svolgeva le funzioni di custode in cambio del diritto di abitare nell’edificio. L’autore della descrizione aggiunge che “oltre all’ospitalità, ai singoli viene offerto anche un aiuto in denaro, a seconda del maggiore o minore bisogno dei pellegrini” e, se è il caso, “l’ospitalità gratuita viene prolungata anche per tre giorni”. L’ospizio era diretto da un “Ministro” (un laico appartenente alla Comunità di Menaggio) e da due “Deputati”, eletti per un triennio alternativamente dal Capitolo della Collegiata e dalla Comunità di Menaggio. Il Ministro doveva rendere conto ogni anno della sua amministrazione all’Arciprete, presenti i due Deputati». Grazie a legati e donazioni varie, l’amministrazione dell’Ospedale si occupava anche di attività benefiche quali l’insegnamento ai fanciulli poveri del paese, la cura gratuita dei malati poveri e la corresponsione della dote per alcune povere “zitelle”.
A causa di sempre più gravi difficoltà economiche però l’istituzione fu soppressa alla fine del Settecento; la sede dell’Ospizio, proprietà demaniale già nel 1820, fu poi messa all’asta e trasformata in un’abitazione privata.
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
Chiesa di S. Marta
Informazioni
Collocazione: la chiesa di S. Marta prospetta sul lato destro (seguendo il nostro percorso) di via Calvi
Pavimentazione: via Calvi è pavimentata prevalentemente in cubetti di porfido; sui due lati si trovano due marciapiedi a raso in piastrelle di porfido
Barriere architettoniche: per accedere alla chiesa da via Calvi occorre superare tre gradini in pietra
Accesso: si accede dall’ingresso posto in facciata, in fregio alla via Calvi
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat
Svago e Ristorazione: alberghi, bar e ristoranti in zona
Descrizione
(Silvia Fasana)
Non si conosce l’epoca di fondazione della chiesa di S. Marta; negli Atti delle Visite pastorali viene citata spesso come oratorio della Confraternita legata alla Santa, il cui culto era molto diffuso localmente. La facciata rifatta nel 1885 su disegno dell’architetto menaggino Alessandro Bravi in stile neogotico, è caratterizzata da un gradevole gioco cromatico tra il bianco dell’intonaco e l’arancione della decorazione in cotto delle lesene, della fascia sotto il tetto a spioventi e della fascia di archetti al di sopra del portale; è aperta, oltre che dal portale ad arco ogivale (la lunetta fu dipinta da Antonio Sibella), da un vistoso rosone anch’esso circondato da una decorazione in cotto. L’interno, ad una sola navata, presenta una cappella sul lato sinistro, abbellita da stucchi ed affreschi, che accoglie sull’altare la statua dell’Immacolata Concezione. Da notare, sui pilastri in fronte all’ingresso, le immagini di San Felice di Valois (a sinistra, con il cervo) e di S. Giovanni de Matha (a destra), che nel XII secolo fondarono l’Ordine della Santissima Trinità per la liberazione degli schiavi cristiani. La zona absidale è il risultato dei lavori avvenuti nel 1885, ma mantiene il bel coro ligneo settecentesco. Sulle pareti sono conservate interessanti tele: da sinistra una Pietà con i santi Stefano e Marta (1667), una copia settecentesca dell’Adorazione dei Magi del Correggio, con in basso a destra il presunto ritratto del donatore; a destra un dipinto secentesco con La Flagellazione e pure secentesca una Santa Marta in trono con i Santi Giovanni Evangelista e Lorenzo, probabilmente secentesca, firmata Alovisio Grosso. Attorno all’altare sono state collocate quattro tele secentesche raffiguranti i Dottori della Chiesa occidentale.
Sul settecentesco altare maggiore in marmi policromi è esposto un prezioso Crocifisso, con croce argentea oggetto di grande venerazione, tanto che la chiesa di S. Marta è conosciuta anche come chiesa del Crocifisso. Ancora oggi il simulacro viene solennemente portato in processione il venerdì Santo, durante la quale avviene la benedizione del lago.
A proposito di questo Crocifisso, la pubblicazione Novecento anni da Mengaldo (1095-1995), curata dalla Parrocchia, riporta che nel 1798 una banda di briganti locali, capitanata da un certo Capelli e dal temuto “Carciocco” venne a conoscenza del progetto di un gruppo di giacobini di Bellano, di trafugare nottetempo il Crocifisso. «Così, la notte stabilita per il “colpo”, i briganti si appostarono nei pressi della chiesa e tesero un’imboscata agli aspiranti trafugatori, che nel frattempo si erano impadroniti del Crocefisso, mettendoli in fuga a schioppettate. Il prezioso Crocefisso, recuperato dai briganti, venne immediatamente restituito all’Oratorio in mezzo al tripudio dei Menaggini e i briganti si conquistarono così la gratitudine dei fedeli e la fama di … difensori della chiesa!»
Da segnalare inoltre, all’ingresso della chiesa, l’interessante acquasantiera marmorea tardomedioevale, il cui fusto è costituito dall’intreccio dei corpi di quattro delfini e la vasca rappresenta una conchiglia.
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
Chiesa di S. Stefano
Informazioni
Collocazione: la prepositurale di S. Stefano si trova in fregio a via IV Novembre. Non c’è sagrato antistante
Pavimentazione: via IV Novembre è asfaltata
Barriere architettoniche: per accedere alla chiesa dalle 3 porte poste sul fronte, occorre salire 5 bassi gradini in pietra. In corrispondenza delle due pronunciate lesene che affiancano il portone principale, proprio a causa della loro sporgenza, i gradini si riducono a 2. Sul muro a fianco dei due ingressi secondari ci sono due corrimani
Accesso: normalmente sono aperti gli ingressi laterali
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat
Svago e Ristorazione: alberghi, bar e ristoranti in zona
Descrizione
(Silvia Fasana)
La chiesa collegiata di S. Stefano è di antichissima origine; la tradizione vuole che papa Urbano II, in viaggio verso Clermont Ferrand in Francia, dove lanciò l’appello per la Prima Crociata le concesse privilegi e nominò personalmente Arciprete Menegaldo Castelli. Probabilmente la primitiva chiesa, più piccola di quella attuale, era orientata in senso opposto, ovvero con l’abside rivolta ad oriente, verso il lago. All’inizio del 1600 fu necessaria la costruzione di una nuova e più ampia chiesa, la cui fabbrica si protrasse per quasi un secolo, ma il risultato fu veramente grandioso. La movimentata facciata barocca reca al centro una nicchia con la statua del Santo titolare. L’interno, a tre navate, fu dipinto tra il 1836 e il 1863 dai Sueglia e nel 1899 da Luigi Tagliaferri di Pagnona; presenta quattro cappelle laterali e due terminali alle navate. Sul lato destro, dall’ingresso si incontrano la cappella della Madonna Addolorata e quella di San Michele Arcangelo (cui era dedicato un piccolo oratorio di Menaggio andato distrutto), con la bella pala secentesca raffigurante San Michele tra i Santi Rocco e Sebastiano. La cappella terminale alla navata destra è dedicata al Sacro Cuore, un tempo della famiglia Calvi, è ornata da stucchi attribuiti alla stessa bottega che lavorò a quelli della cappella della Madonna del Rosario.
Il presbiterio è dominato da un altare in marmi bicromi, sormontato da un tempietto; alle pareti due grandi tele secentesche con Miracoli eucaristici, attribuite ad un pittore Castelli di Menaggio. Nel catino absidale un affresco con il Martirio di S. Stefano, opera di Luigi Tagliaferri.
Sul lato sinistro, dall’ingresso, si aprono invece la cappella dedicata a S. Antonio di Padova e quella a San Giuseppe. La splendida cappella terminale alla navata sinistra è dedicata alla Madonna del Rosario ed è impreziosita da una ricca decorazione a stucco e da affreschi raffiguranti temi legati alla devozione mariana. Circondano la nicchia con la statua della Vergine quindici medaglioni settecenteschi in rame dipinto ad olio, raffiguranti i Misteri del Rosario. Al di sotto della nicchia è esposta una riproduzione fotografica del dipinto di Bernadino Luini raffigurante la Madonna con il Bambino e un angelo (secolo XVI). Così Maria Cristina Terzaghi lo descrive nella voce Menaggio in Guide della Provincia di Como – Alpi Lepontine Meridionali: «Il dipinto raffigura la Vergine che regge un libro e un fiore di iris; Gesù bambino cerca di salirle in grembo, aiutato da un angelo; sullo sfondo della scena è dipinto un bellissimo paesaggio; l’iconografia rappresenta una prefigurazione della Passione, chiaramente simboleggiata anche dal fiore». L’originale ornava la cappella della famiglia Calvi nella precedente collegiata; quando fu realizzata la cappella della Madonna del Rosario nella nuova costruzione, i menaggini ottennero dai Calvi il permesso di trasportare il quadro nella nuova collocazione. Alla fine del XVII secolo l’opera venne ceduta al conte Carlo Firmian, ottenendo in cambio il trasferimento della Pretura da Tremezzo a Menaggio. Alla sua morte il dipinto venne acquistato all’asta dai marchesi Arconati Visconti di Milano; nel 1914 Maria Arconati Visconti lo donò al Museo del Louvre, dove si trova attualmente.
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
Castello di Menaggio*
* struttura scomparsa del tutto o in parte
Informazioni
Collocazione: il Castello di Menaggio sorgeva sull’altura a strapiombo sul torrente Sanagra, in posizione dominante alle spalle del borgo
L’itinerario segnalato compie un ampio giro attorno a quello che doveva essere il Castello di Menaggio; le informazioni relative all’accessibilità dei singoli tratti sono riportati nella descrizione della Tappa 2
Servizi: alcuni posti auto disponibili in via Nazario Sauro
Svago e Ristorazione: bar in zona
Descrizione
(Silvia Fasana)
Il ruolo strategico di Menaggio era determinato, oltre che dalla sua posizione geografica, dalla presenza del Castello, che assumeva un importante ruolo di controllo del territorio circostante, grazie anche ai sistemi di comunicazione con le altre fortificazioni della zona (triangolazioni).
Non è stato chiarito se a Menaggio fosse già presente una fortificazione in epoca protostorica o romana, come ipotizzano alcuni storici locali. La prima notizia certa è che il 24 febbraio 934 Ugo di Provenza, re d’Italia, concesse a Gerardo Castelli e ai suoi successori il feudo di Menaggio con il suo Castello, per gratitudine dei molti servizi prestati. Federico Cereghini nella pubblicazione Novecento anni da Mengaldo (1095-1995), suggerisce che Gerardo Castelli dovette probabilmente costruire ex-novo il Castello, ormai andato in rovina. Secondo una leggenda locale, citata da Ignazio Vigoni ne Breve storia di Menaggio e dintorni, le mura sarebbero state ricostruite impiegando malta di calce impastata con vino anziché con acqua, come auspicio di particolare resistenza agli assalti dei nemici (prerogativa poi smentita dagli eventi futuri). In un primo tempo il Castello era probabilmente costituito da quattro torri angolari collegate da mura, le quali successivamente sarebbero state prolungate fino al lago, dove furono realizzate due torri, demolite nel corso dell’Ottocento.
Dopo vari episodi di attacchi, assedi e incendi, nel quadro più ampio delle annose lotte tra Como e Milano (Menaggio parteggiava per i Milanesi), tra guelfi e ghibellini, nel 1523 il Castello fu dato alle fiamme e in gran parte demolito dai Grigioni, tranne una parte delle mura: le pietre furono riutilizzate nella costruzione di altri edifici e dei terrazzamenti che oggi reggono orti e giardini, ma questa parte del borgo di Menaggio conserva nell’insieme i sapori e le suggestioni dell’antica fortezza.
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Chiesa di S. Carlo
Informazioni
Collocazione: la chiesa di S. Carlo prospetta su un sagrato di circa 10 metri per 10 che dà su via Castellino da Castello, alla sommità dell’altura alle spalle del lago
Pavimentazione: il sagrato ha il fondo in ghiaietto, con al centro una fascia di 3 metri in acciottolato
Barriere architettoniche: si accede al sagrato tramite quattro gradini. Attenzione: all’inizio della fascia centrale in acciottolato al centro del sagrato ci sono due paracarri di 60 centimetri e dal diametro di 25 centimetri. Si accede alla chiesa da altri tre gradini
Accesso: si accede dall’ingresso posto in facciata
Servizi: alcuni posti auto disponibili in via Nazario Sauro
Svago e Ristorazione: bar in zona
Descrizione
(Silvia Fasana)
La chiesa di S. Carlo fu costruita tra il 1612 e il 1614 per volontà del nobile Cinzio Calvi, su un terreno di sua proprietà presso i ruderi del Castello: è una delle prime dedicate al Santo milanese, trent’anni dopo la morte del Borromeo e a soli quattro anni dalla sua canonizzazione, forse come omaggio all’amicizia che aveva legato il Santo ad un altro menaggino, Castellino da Castello. Calvi donò inoltre parte dei propri beni al monastero di S. Maria della Passione in Milano appartenente ai Canonici Regolari Lateranensi, affinché si assumessero l’obbligo di officiare nella nuova chiesa e di risiedere nell’annesso convento in numero di otto, quattro sacerdoti, un chierico, due conversi e un servitore. Pur ridotti nel numero, per oltre centocinquant’anni i Canonici vissero nella casa adiacente, dedicandosi al servizio non solo della chiesa, ma di tutta la comunità: tra l’altro, fecero costruire di fronte al loro chiostro un pozzo cui potevano attingere gli abitanti della parte alta del paese, sino allora sprovvista d’acqua. Il 5 settembre 1771 la canonica fu soppressa dall’imperatore Giuseppe II; la chiesa passò sotto l’amministrazione della Fabbriceria della chiesa parrocchiale di S. Stefano.
La semplice facciata in pietra a vista, ornata da tre fasce in mattoni in cotto e aperta da un’ampia finestra termale, prospetta sul piccolo e raccolto sagrato, stretto tra le mura di antichi edifici in pietra a vista, tra cui, quello sulla sinistra, era la casa dei Canonici. L’interno, a navata unica, presenta due cappelle laterali. Quella di destra porta sopra l’altare una tela con La Pietà tra Santi, opera di Giuseppe Vermiglio, pittore che lavorò a lungo per i canonici del monastero di S. Maria della Passione di Milano. La cappella di sinistra è invece dominata da un dipinto raffigurante San Fermo tra le Sante Apollonia e Agata, sempre di Giuseppe Vermiglio; sul muro laterale c’è anche una vetrina che accoglie la mozzetta e lo zucchetto rossi appartenuti al cardinale Andrea Carlo Ferrari, un altro elemento di legame con la Diocesi Milanese. La chiesa conserva alle pareti altre interessanti tele seicentesche: sulla sinistra il Transito di San Giuseppe, e la Crocifissione con i Santi Pietro e Andrea, firmato Giuseppe Antonio Castelli; sulla destra invece La Guarigione di un’ossessa. Nel presbiterio vi è un altare in marmi policromi; alle sue spalle, in una nicchia, spicca una statua in gesso di San Carlo.
Sul pavimento, sulla destra davanti all’altare, si trova la lapide sepolcrale della famiglia Calvi, dove sono sepolti lo stesso Cinzio e le due mogli Caterina Camozzi e Marta Piperelli.
Caratteristico della chiesa di S. Carlo è l’elegante campanile a vela di stile spagnolesco.
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Chiesa di S. Giacomo al Castello*
* struttura scomparsa del tutto o in parte
Descrizione
(Silvia Fasana)
Sull’altura del Castello, presumibilmente nella parte settentrionale, sorgeva una chiesa dedicata a San Giacomo, già citata in un documento del 1198, accanto alla quale vi era un monastero di Benedettine, del quale restano poche e scarne notizie, per lo più citazioni in atti notarili del secolo XIII.
Già nel 1317 le religiose si trasferirono a Como dove fondarono, insieme alle monache del soppresso convento di S. Michele di Lompino (Monte Olimpino), il monastero di S. Colombano.
Anche dopo la chiusura del monastero, tuttavia, la chiesa continuò ad appartenere alle monache di S. Colombano e ad essere officiata da un cappellano, che aveva diritto al titolo di Abate. Nei secoli successivi ci fu una lunga e inesorabile fase di decadenza, cui i Vescovi tentarono invano di mettere un freno, esortando le monache a provvedere più degnamente alla chiesa. Nel 1627 il vescovo Carafino, viste le condizioni di estremo degrado dell’edificio, decretò ufficialmente il trasferimento del titolo e del relativo beneficio all’altare di S. Michele nella Collegiata di S. Stefano, dando facoltà di far demolire l’altare e la stessa chiesa.
Malgrado tutto, nessuno ebbe il coraggio di demolire la chiesa; anzi, di fronte alla decisione del vescovo, si cercò di salvare la chiesa, sistemandola in qualche modo. In questo modo passarono circa altri 150 anni: l’ultimo documento in cui risulta ancora officiata è del 1768. Non è stato possibile ricostruire cosa sia accaduto negli anni seguenti, quando e perché la chiesa sia stata sconsacrata e venduta.
(Tratto da Novecento anni da Mengaldo (1095-1995), Parrocchia di Santo Stefano, Menaggio 1995)
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Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
L’Antica Via Regina a Menaggio
Descrizione
(Ambra Garancini)
Con il nome di Via Regina si indica l’antico percorso che, seguendo la riva occidentale del Lario, in età romana univa Como, e prima ancora, la pianura milanese, con la Valchiavenna, dove poi, attraverso la Via Francisca, sua naturale prosecuzione, raggiungeva Chiavenna, “punto base” per i valichi verso la Rezia. Nacque verosimilmente come raccordo degli antichi sentieri e con funzione di supporto/collegamento locale, in subordine rispetto alla più importante via lacustre. Il nome di “Strada” Regina (ovvero “strada regia”, via selciata – strata – principale, pubblica) – molto più tardo – risulta documentato per la prima volta nel 1187. Insieme, la via d’acqua, cioè il Lario, via dei naviganti, dei soldati e dei mercanti, e la Via o Strada Regina adibita ai traffici locali, carrabile, mulattiera o pedonale, costituirono per secoli un vero e proprio “sistema Lario”, ovvero una rete articolata di percorsi, che puntavano decisamente a nord, verso i valichi alpini, a sud, verso Milano, nodo viario della Val Padana e che avevano come baricentro Como, il polo militare e commerciale più agevolmente collegato a Milano, e come asse la riva occidentale del Lario, perché geograficamente convergente su Como. Nel corso dei secoli la cosiddetta Via Regina vide crescere la propria importanza e per tutto il Medioevo fu accudita in forza di appositi Statuti dalle comunità rivierasche. La via di terra rimase comunque sempre sussidiaria al lago, perché la difficile morfologia delle sponde lariane ne ostacolava un adeguato ampliamento. Dal secolo XVI il passaggio del Milanese alla Spagna e poi all’Austria segnò il progressivo spostarsi dei grandi traffici alla sponda orientale del Lario, in forza della necessità di collegamenti più rapidi fra l’impero asburgico e Milano. Il “sistema Lario” della riva occidentale, che tanto aveva segnato la storia delle terre lariane, divenne definitivamente secondario, passando il testimone all’asse Lecco-Colico. Attualmente l’antica Via Regina è ricostruita e in parte percorribile, in alcuni tratti come “Greenway del Lario”. Tocca alcuni dei paesaggi lariani più belli e attende una adeguata valorizzazione come itinerario culturale di valenza europea. A Menaggio presumibilmente entrava da meridione, seguendo l’attuale via Como, la prima parte di via Castellino da Castello, quindi percorreva via Strecioun (chiamata via Ponte Vecchio su una mappa comunale dell’inizio del secolo scorso), passando sotto la rupe del Castello, per raggiungere l’antico ponte situato alla fine della forra del Sanagra. Da qui, con una salita abbastanza ripida portava a Loveno, da dove, attraverso il sentiero della Ghidolda, scendeva a Nobiallo.
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
Iubilantes via G. Ferrari 2, Como; Tel. 031.279684; e-mail: iubilantes@iubilantes.it
Ponte “Vecchio”
Informazioni
Collocazione: il ponte “Vecchio” collega le due sponde del torrente Sanagra, immediatamente a valle della forra a settentrione del Castello
Pavimentazione: acciottolato
Barriere architettoniche: nessuna. All’inizio del ponte, dove si passa dall’asfalto all’acciottolato, occorre fare attenzione alla presenza di una griglia per lo scolo dell’accqua, affiancata da una cunetta, perpendicolari alla strada. Il ponte ha un parapetto di sasso su entrambi i lati, affiancato da una ringhiera di ferro per un altezza totale di 1,5 metri
Accesso: si accede da via per Loveno
Servizi: –
Svago e Ristorazione: –
Descrizione
(Silvia Fasana)
Il ponte è conosciuto oggi come ponte “della Madonna di Caravaggio” (dall’oratorio costruito nei pressi); su una mappa comunale dell’inizio del secolo scorso la via che vi portava era indicata come “Via Ponte Vecchio”, forse ad indicare che quello era il ponte più antico sul Sanagra a Menaggio.
Il manufatto in pietra risale al secolo XIV e probabilmente è il «ponte di Chollio» citato negli Statuti Medioevali (1335), che descrivono le tratte di manutenzione della Strada Regina. Da qui, guardando sulla propria sinistra, si può osservare come il torrente abbia inciso nella roccia il suo letto, formando una profonda forra che doveva costituire una fondamentale difesa per il lato nord del Castello. Sulla sinistra della forra è visibile ancora un’antica opera di presa dell’acqua per alimentare un maglio sottostante. Guardando sulla propria destra invece, si può vedere un fabbricato ad uso industriale che appartiene alla Venini Costruzioni metalliche, azienda che dalla prima metà del secolo scorso tramanda l’antica arte della lavorazione del ferro a Menaggio, in cui si possono osservare ancora le opere di uscita dell’acqua con una chiusa.
Si percorre il ponte acciottolato: a circa due terzi della sua lunghezza, dopo 10 metri, si incontra un’edicola sul parapetto sinistro ornata da un pannello in truciolato con un altorilievo di Enrico Vannuccini (1965), raffigurante San Giovanni Nepomuceno, invocato contro il pericolo di annegamento, in sostituzione di un precedente affresco molto deteriorato. Al termine del ponte, sulla destra, sorge l’oratorio della Madonna di Caravaggio (preceduto da due gradini, uno per arrivare al pianerottolo, l’altro per entrare), fatto costruire nel 1923 da Carlo Danieli e Rina Perego per una grazia ricevuta dalla Madonna di Caravaggio. Nell’abside quadrata, che occupa quasi la metà dello spazio, sono collocate due statue vestite della Madonna e della pastorella cui apparve, con un affresco sullo sfondo opera del pittore Roveda di Plesio. Nella lunetta sopra la porta è dipinto un angelo recante un cartiglio con la scritta «Ave o Maria».
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it
Monumento alla Tessitrice
Informazioni
Collocazione: il Monumento alla Tessitrice è situato sul lungolago di via Benedetto Castelli
Pavimentazione: il lungolago è in cubetti di porfido
Barriere architettoniche: nessuna
Accesso: il monumento sorge al centro di uno spazio approssimativamente di 3,5 metri per 3,5 con un bordo svasato alto circa 40 centimetri in calcestruzzo in cui sono inglobati ciottoli a granulometria grossa
Servizi: parcheggi disponibili in zona, bancomat, Municipio
Svago e Ristorazione: alberghi, bar e ristoranti in zona; strutture sportive; lido
Descrizione
(Silvia Fasana)
Il Monumento alla Tessitrice sul lungolago è stato realizzato nel 1990 dallo scultore Francesco Somaini su commissione della famiglia Mantero, proprietaria di uno dei maggiori stabilimenti serici della zona, sulle sponde del torrente Sanagra. L’opera vuole essere un omaggio a quei lavoratori, soprattutto donne, che hanno contribuito a rendere la sericoltura comasca famosa nel mondo: «Nobilis comensis terra textrinae artis laude» è la scritta incisa nel marmo. Si tratta di una stele in marmo bianco di Carrara, alta 10 metri, che rappresenta, alla sommità, la sagoma in negativo di una tessitrice dietro la trama del tessuto, mentre nella parte inferiore è un susseguirsi di drappeggi che scendono al suolo. Lo stesso motivo è ripreso, in positivo, nel panneggio in bronzo laterale che pare “uscire” dalle mani della tessitrice in marmo. Alla base della stele corre una fascia sempre in bronzo con le scritte sui quattro lati «Beppe Mantero volle / Mariola Mantero edificò / Francesco Somaini scolpì / 1982 – 1990».
Contatti
Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica di Menaggio piazza Garibaldi 3, Menaggio (CO); Tel. 0344.32924; e-mail infomenaggio@tiscali.it