Menaggio Tappa 2 – Dalla chiesa di S. Stefano al giro del Castello
Descrizione
Dopo aver attraversato via IV Novembre (molto trafficata) sulle strisce pedonali, si salgono subito i cinque bassi gradini in pietra che immettono nell’ingresso laterale sinistro della chiesa arcipretale di S. Stefano, plebana di origini antichissime, ma più volte rimaneggiata. Da segnalare, all’interno, sopra l’altare della Madonna del Rosario, nella testata della navata sinistra, una riproduzione fotografica del dipinto di Bernadino Luini raffigurante la Madonna con il Bambino e un angelo (secolo XVI). L’originale, che ornava la cappella dalla famiglia Calvi, venne ceduto alla fine del XVII secolo al conte Carlo Firmian, ottenendo in cambio il trasferimento della Pretura da Tremezzo a Menaggio. Alla sua morte il dipinto venne acquistato all’asta dai marchesi Arconati Visconti di Milano; nel 1914 Maria Arconati Visconti lo donò al Museo del Louvre, dove si trova attualmente.
Si esce dalla chiesa dalla porta laterale sinistra. Si tiene la destra e si scendono i cinque bassi gradini in pietra, immettendosi in via Enrico Caronti da Blevio. Questa via è pavimentata in cubetti di pietra. La si attraversa sulle strisce pedonali e si raggiunge il marciapiede a raso sul lato sinistro. L’antico palazzo signorile al civico 3 (non visitabile), al cui piano terra è anche un negozio di fiori, racchiude al suo interno un grazioso cortiletto con un ninfeo; qui è murata una lastra in pietra a bassorilievo del secolo XIV raffigurante uno stemma con il castello di Menaggio sormontato da un elmo, da cui si dipartono lunghi festoni. Si percorre tutta via Caronti e dopo circa 50 metri si arriva ad una rotonda a raso evidenziata solo da un cerchio di acciottolato bordato da una circonferenza in cubetti in pietra. Si attraversa nuovamente la via per imboccare sulla destra, in salita, via Leone Leoni, larga circa 3,5 metri con al centro una scalinata di 25 bassi gradini (meglio evitare), tenendosi sul lato sinistro (attenzione la strada è percorsa dalla automobili). La via è fiancheggiata da belle costruzioni ottocentesche, con interessanti dettagli architettonici in ferro battuto (ringhiere, inferriate), per un insieme di grande raffinatezza ed eleganza. Dopo circa 30 metri, a sinistra si imbocca in salita via Castellino da Castello, dedicata ad un sacerdote di origine menaggina vissuto a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento, fondatore delle “Scuole della Dottrina Cristiana”, istituzioni caritative per i fanciulli del popolo. La strada, con pavimentazione in acciottolato, è circondata da imponenti costruzioni signorili che tradiscono un antico splendore. Al numero civico 3 è il palazzo che la notte del 26 aprile 1945 ospitò Benito Mussolini e Claretta Petacci durante la loro fuga sul Lario; fermati a Dongo il giorno seguente, vennero fucilati a Giulino di Mezzegra il 28 aprile. Al numero civico 7 si può notare un arco in arenaria, chiuso da un cancello in ferro battuto, che immette in un cortiletto con portico retto da una bella colonna in pietra. Al civico 9 è l’entrata dell’ex Hotel Ristorante “Meneghett”, palazzo a tre piani, imponente e severo, con un portale in granito alla sommità di tre gradini, sul secondo dei quali trovano posto due fioriere. Sull’altro lato della strada, quello destro, in corrispondenza del numero civico 18, c’è una fontana in cemento datata 1889, con vasca a semicerchio addossata al muro di cinta di una proprietà privata e una testa di leone che circonda la bocca di alimentazione; a fianco c’è una panca in pietra, il tutto sopra un gradino di altezza variabile da 30 centimetri a 60 centimetri (in rapporto alla pendenza del terreno). Dopo circa 50 metri dall’inizio della via e dopo il numero civico 20, sul lato destro della strada si affianca una bassa gradinata in piastrelle di porfido, costituita da 45 gradini con larghezza da 60 a 30 centimetri circa e con pedata crescente da 60 centimetri ad 1 metro (attenzione alla barriera in ferro alta un metro posta all’inizio, parallelamente alla scala). Dopo altri 60 metri circa, al numero civico 26 di via Castellino da Castello, sul lato destro, all’angolo con via Strecioun, sorge la casa natale di Padre Gabriele Malagrida, gesuita menaggino, evangelizzatore del Brasile, martirizzato a Lisbona nel 1761 sotto il governo del Marchese di Pombal; una lapide lo ricorda. Da notare, il bel portone il legno con borchie in ferro e l’elegante battente a forma di testa barbuta e coronata. Si giunge dunque ad un quadrivio, dove terminano i gradini a lato della via. Di fronte, al numero 25, si può osservare l’ingresso ad arco (entro cui è riprodotta una finta grotta) al giardino dell’ “Asilo Nido Riccardo Mantero”, fondato nella sede dell’ex Opera Nazionale Maternità e Infanzia dall’imprenditore tessile che aveva uno stabilimento in paese. L’istituzione comunale è stata ora trasferita vicino al lago. Si prosegue lungo via Castellino da Castello (la seconda strada sulla destra) per circa 35 metri; si gira quindi a sinistra, imboccando l’acciottolata via dei Fabbri, così chiamata in omaggio ad un mestiere molto praticato un tempo a Menaggio.
Siamo alla base di quello che doveva essere il Castello di Menaggio*, distrutto nel 1523 dai Grigioni: le pietre con cui erano fabbricate le mura furono riutilizzate nella costruzione di altri edifici e dei terrazzamenti che oggi reggono orti e giardini, ma questa parte del borgo di Menaggio conserva nell’insieme i sapori e le suggestioni dell’antica fortezza.
Il primo tratto di via dei Fabbri si presenta gradinato: si incontrano dapprima 10 bassi gradini, larghi 2 metri circa, con la pedata di circa 1 metro; occorre fare attenzione al primo, perché al centro c’è un paracarro in granito alto 70 centimetri e dal diametro di 25 centimetri. Al numero civico 1 era l’entrata della “Casa della madre e del bambino Lina e Riccardo Mantero”; proseguendo per 5 metri, sull’altro lato della strada, è invece situata la Fonte del “Salvatore”. Questa fonte, con vasca in pietra preceduta da un gradino, alloggiata sotto un balconcino di una abitazione, presenta nell’arco sovrastante, come chiave di volta, una scultura romanica di recupero, risalente presumibilmente al XII secolo e interpretata come Gesù Cristo che regge un oggetto tondeggiate (un globo?). Sulla destra una targa riporta che la fontana è stata realizzata «A pubblica utilità» e la data 1621; alla base dell’arco sulla sinistra è però incisa la data 1642.
Si prosegue passando sotto un passaggio voltato e si continua a salire costeggiando una serie di antichi edifici costruiti probabilmente seguendo l’andamento delle mura dell’antico insediamento fortificato. Al numero 10, sopra la porta è una targa con incisa la data 1856, mentre il muro del civico 12 presenta un evidente contrafforte. Dopo circa 50 metri dall’inizio della via c’è un altro basso gradino e sulla destra si apre uno stretto peduncolo laterale a fondo cieco; dopo questo peduncolo la strada comincia a costeggiare un muro di recinzione in pietra a vista che si interrompe dopo altri 10 metri con un largo pilastro che delimita sulla destra un passaggio parallelo alla via, al quale si accede da un cancello. Su questo pilastro, alla base del pinnacolo piramidale sommitale, è stata murata una piccola scultura in marmo del XII secolo raffigurante una testa di animale, probabilmente un toro, con un foro sulla fronte e uno in corrispondenza della bocca (forse usata come sbocco dello zampillo di una fontana). Ai lati della scultura sono poste due lastre con inciso a destra «BORROMAEUS (Borromeo)», a sinistra «MONOCEROS (Unicorno)», probabilmente in riferimento alla presenza di questo animale nello stemma della famiglia Borromeo, oppure al significato simbolico di purezza, di forza nell’umiltà, che ben si addicono al Santo milanese. Federico Cereghini e i suoi ragazzi, nel libro Il Castello di Menaggio, ipotizzano che in questa zona vi fosse uno degli ingressi del castello.
Si prosegue per altri 40 metri, curvando verso nord, costeggiando sulla destra un alto (circa 8 metri) muraglione che presenta ad intervalli irregolari robusti contrafforti e ai suoi piedi una aiuola a prato di larghezza variabile, con piante di ulivi. Questo muraglione costituisce una sorta di terrapieno che delimita la spianata sommitale dell’altura; è costituito in parte da pietre squadrate, in parte da grossi ciottoli di fiume di tipologia e natura variabile. Si lascia alla propria destra un’isola ecologica con cassonetti interrati per la raccolta dei rifiuti e, girando a sinistra dopo 10 metri, si attraversa via Sauro sulle strisce pedonali; si prosegue quindi sul marciapiede del lato opposto per 40 metri e si riattraversa sulle strisce. Si imbocca di nuovo (attenzione alla piccola soglia) via Castellino da Castello, acciottolata, in salita. Da notare, dopo 5 metri, sul lato destro delimitato da un muraglione, una traccia di stipite: probabilmente in questa posizione doveva trovarsi un altro ingresso all’antica fortezza. In questo tratto, per circa 40 metri, il ciglio sinistro della strada è protetto da una ringhiera in ferro alta circa 80 centimetri.
Alla fine della recinzione, si piega a destra e si salgono i 4 gradini che portano al sagrato della chiesa di S. Carlo, una delle prime dedicate al Santo milanese, fatta realizzare negli anni immediatamente seguenti alla sua canonizzazione (1620) dal nobile Cinzio Calvi sui ruderi del castello. Il sagrato presenta il fondo in ghiaietto, con al centro una fascia di 3 metri in acciottolato (attenzione ai due paracarri alti 60 centimetri e dal diametro di 25 centimetri all’inizio della fascia centrale).
Il sagrato è racchiuso dalle mura di antichi edifici: su quello a sinistra guardando la facciata è murata una lapide poligonale in marmo bianco che ricorda l’affidamento della chiesa all’«amministrazione dell’Ordine Canonico Apostolico di San Carlo Borromeo». La facciata di questo edificio, in pietra a vista, è al numero civico 69 di via Castellino da Castello; è ben visibile sulla sinistra scendendo dal sagrato e proseguendo per cinque metri. Si tratta di un fabbricato a tre piani, preceduto da un marciapiede di 10 centimetri in piastrelle di porfido con sette finestrelle ad arco (quattro al primo piano e tre al secondo), sottolineate da mattoni in cotto. Sulla facciata è stata anche murata una piccola lastra quadrata in marmo bianco, circondata da listelli di mattoni in cotto antico, con incisa una mitria sovrastante un pastorale incrociato con una ferula; al di sotto la lettera C circondata dalle lettere S. C. (in alto) e M. P. (in basso). Questa probabilmente era la sede del monastero dei Canonici.
Dopo 10 metri circa dalla chiesa, sull’altro lato della strada, al numero civico 56, sono state murate due sculture in pietra presumibilmente risalenti al secolo XI: un felino alato e una coppia di persone che si abbracciano. Queste sculture, secondo Federico Cereghini ne Il Castello di Menaggio, provenivano dalla chiesa di S. Giacomo*, con annesso monastero Benedettino femminile che sorgeva nelle vicinanze, ora scomparsi.
La via Castellino da Castello scende ora compiendo un giro circolare attorno a quella che doveva essere la vecchia fortezza. Dopo altri 10 metri, sulla destra si dirama una breve deviazione (in proprietà privata), con fondo in ciottoli e cemento, all’inizio della quale sulla destra si trova una fontana con vasca in cemento. Guardando sulla sinistra, sulla facciata dell’edificio al numero 51 è murata un’altra piccola lastra quadrata in marmo bianco, come quella già vista poco prima, segno di proprietà dei Canonici. Guardando invece sulla destra, si può ammirare il fianco sinistro della chiesa di S. Carlo, con una finestra laterale e il caratteristico campanile a vela di stile spagnolesco. Si prosegue lungo via Castellino da Castello; si oltrepassa un sottopasso con un soffitto in travi di legno e dopo 10 metri si gira sulla destra, imboccando una deviazione che immette in un piccolo parcheggio per le auto (con pavimentazione prima in lastre di porfido, poi in mattonelle di cemento). Tenendo la destra (attenzione perché il ciglio sinistro, quello che dà sul parcheggio, non è protetto), si prosegue per 15 metri. Oltre un cancello vi è una spianata erbosa derivata dal riempimento delle mura del Castello: sul lato est, verso il lago, nel muraglione che lo delimita, si può ancora intravvedere la parte superiore di una grande apertura ad arco tamponata, in cui è ancora ben evidente la chiave di volta sporgente. Anche nel muro ad ovest, a fianco del cancello, si può osservare un’altra apertura ad arco tamponata. Si ritorna sui propri passi e si prosegue lungo via Castellino da Castello, dopo 25 metri si incontra, al numero civico 42 (sulla sinistra), una bella casa in pietra a vista, con un piccolo cortile abbellito da fioriere sui muri con gerani e piante grasse. Dopo altri 10 metri, dopo il numero civico 40, nel muro si può vedere un’altra apertura ad arco tamponata. Si torna a vedere il lago e, man mano che si procede, l’orizzonte si allarga, offrendo una spettacolare panorama sul Centro Lario, con la punta di Bellagio. Dopo altri 100 metri, superando l’incrocio con via dei Fabbri, si chiude, al quadrivio sottostante, il giro attorno a quello che era il Castello di Menaggio.
Informazioni
Località di partenza Menaggio, chiesa arcipretale di S. Stefano
Località di arrivo Menaggio
Tipologia del percorso misto urbano ed escursionistico
Lunghezza totale 700 m circa
Tempo di percorrenza (a piedi) 25 min
Difficoltà Turistica-escursionistica
Dislivello in salita 50 m
Quota massima 250 m slm
Pavimentazione acciottolato, asfalto, lastricato in pietra, cubetti in pietra
Mezzi pubblici per raggiungere il punto di partenza autobus nei dintorni (vedi sito
Mezzi pubblici dal punto di arrivo autobus nei dintorni (vedi sito
Parcheggi presso il punto di partenza no